Oggi c’è pure un mandarino tra gli alimenti, o intingoli, portati dal cameriere Carmelo insieme all’aperitivo. Qui all’Ápeiron non badiamo a spese: mi sembra questo il pensiero che il proprietario Bruno Muratori vorrebbe esprimere a proposito di questo piccolo frutto che si trova vicino alle olive e ai salatini. Naturalmente i mandarini sono due: l’altro è per il mio ospite, o interlocutore, Karl Ramund Popper.
GIANFRANCO: «Come mi posso accorgere che questo mandarino è proprio un mandarino?»
POPPER: «Ti accorgi che questo è il grande problema di Kant: come faccio a conoscere le cose? Quali meccanismi mette in atto l’uomo per rendersi conto di tutti i mandarini che ha davanti?»
GIANFRANCO: «È il problema del rapporto soggetto-oggetto ma è anche il problema, molto positivo, della possibilità di uscire da sé. C’è qualcosa davanti a me? C’è qualcosa che non sono io? Che cos’è questa cosa?»
POPPER: «Io ho indagato, nei miei studi, solo la teoria della conoscenza».
GIANFRANCO: «E sei arrivato alla conclusione che dovevi indagarla soprattutto nella teoria della conoscenza scientifica».
POPPER: «Sì. La scienza è la più alta forma di conoscenza. Essa rappresenta bene il trasmutarsi della conoscenza comune in conoscenza scientifica. Nel senso, come io ho scritto varie volte, che la conoscenza comune discende immediatamente da quella scientifica».
GIANFRANCO: «Tu hai indagato il metodo. Hai voluto mettere in evidenza il meccanismo secondo il quale si accresce la conoscenza scientifica e per far questo hai dovuto demarcare ciò che è scienza da ciò che non è scienza, sia esso religione, metafisica o fantasticheria».
POPPER: «Sono stato poco filosofo in questo, lo ammetto… Buono questo mandarino!»
GIANFRANCO: «Dunque hai mangiato il mandarino. Hai riconosciuto che esso era commestibile».
POPPER: «Ho conosciuto anche tante altre cose di esso. La verità è che per demarcare si deve falsificare. Demarcare da una parte e falsificare dall’altra: questa è la mia filosofia. E per falsificare basta sottoporre una teoria scientifica a controlli cruciali. Basta farla cadere in fallo».
GIANFRANCO: «Se una teoria è confermata non mi dice niente; se una teoria è falsificata può essere che essa sia scientifica».
POPPER: «In realtà il mio è un criterio restrittivo. Una teoria, formulata magari in anni di sforzi e di lavori, supera ogni controllo: questo non mi dice niente. Domani potrà essere falsificata».
GIANFRANCO: «Questo va bene».
POPPER: «Una teoria scientifica, d’altra parte, viene falsificata. Risulta non avere superato un controllo».
GIANFRANCO: «La buttiamo via?»
POPPER: «Sì e no».
GIANFRANCO: «Ho capito. Una teoria scientifica sulla conoscenza deve essere falsificabile e non confermabile, cioè deve essere passibile di poter essere sbagliata piuttosto che manifestarsi sempre vera».
POPPER: «Sempre vera è il principio di identità: A=A. Esso non mi dice niente».
GIANFRANCO: «Così quando arriva il principio di non contraddizione: le porte sono aperte alla scienza».