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Stefano Bardi. Jesi in rima: omaggio a Marco Bordini
20 Maggio 2017
 

Il poeta, anzi l'ultimo vate vernacolare jesino è il poeta chiaravallese d'adozione Marco Bordini, nato l'11 giugno 1939 a Jesi nel rione San Pietro, per poi trasferirsi nel luglio del 1978 a Chiaravalle, dove tutt'ora vive. Un poeta, il Bordini, che nel 2016 ci lascia la stupenda e magica opera omnia Jesi ieri. Un'opera, quella del sommo vate jesino-chiaravallese, che è composta da un calepino dialettale jesino, da una grammatica del dialetto jesino, da espressioni e lessemi arcaici, da modi di dire della Vallesina, e da poesie vernacolari che saranno oggetto di studio delle mie parole, partendo da una visione generale sulla poesia bordiniana, per concludere per l'appunto con l'analisi di quattro poesie che più rappresentano la poesia vernacolare del maestro e sommo vate Marco Bordini.

Poesia, quella del maestro Bordini, che nasce dall'animo di un vate colmo di sincerità, onestà, compassione, fratellanza, e benevolenza. In poche parole Bordini è un poeta di altri tempi che, al pari dei grandi nomi della letteratura italiana del Novecento, realizza un poesia pedagogico-civile, composta da liriche che leggono il Mondo con le sue bellezze e le sue oscurità. Inoltre anche Bordini, come Pasolini e tanti altri poeti italiani, va oltre la moderna società fatta di esteriorità e di bellezza fisica per recuperare la figura dell'Uomo e, più nel dettaglio, quello che è. Poeta fuori dalla righe, poiché, invece di scrivere le sue poesie in lingua italiana, le compone interamente con il vernacolo jesino, da lui concepito come una salvaguardia del tempo trascorso e come una reminiscenza, del vissuto etnico. Un vernacolo che, però, sa riportare nella nostra mente ricordi profondi, intimi, spirituali; e che ben si adatta ai temi di estrema attualità, come per esempio l'immigrazione, la droga, e il rapporto anziani-giovani. Una poesia attraverso la quale riviviamo epoche e atmosfere ormai dimenticate, ci immergiamo in vicende divelte, e ci ubriachiamo dei colori sempre mutevoli delle città, delle colline, e delle campagne marchigiane. Prima di concludere queste mie parole attraverso l'analisi delle quattro poesie che più simboleggiano il poeta jesino-chiaravallese, voglio spendere due veloci parole sul vernacolo jesino usato dal Bordini, sotto il punto di vista grammaticale e linguistico. Un vernacolo, quello bordiniano, composto da elisioni e interruzioni, che seppur conferiscono alle sue poesie neniose melodie, ne definiscono però la loro architettura ben concepita e organizzata. Un vernacolo che ci viene ridato, dal Bordini, in tutta la sua vulgata originaria, inedita, primitiva, primordiale, e “sanguigna”. In poche parole, il vernacolo jesino del sommo vate Bordini è un linguaggio linguisticamente candido e inattaccabile dalle moderne vulgate; e si mostra nella sua totale originalità, sia a livello orale sia a livello grammaticale.

Concludo queste mie parole, con le quattro poesie che più simboleggiano l'intera poetica del maestro e sommo vate Marco Bordini. La prima lirica tratta un tema attualissimo con un titolo che già dice tutto, ovvero: “Migranti”. Lirica che può essere letta e interpretata in tre modi, dove la prima interpretazione ci porta ai giorni nostri, poiché tratta un tema quotidiano, che trasforma il componimento bordiniano in una lirica civile, in cui il lessema civile simboleggia il rispetto e la difesa della vita altrui. Una vita che nella poesia bordiniana è quella dei migranti, che fuggono con ansia e impavidità dalle loro terre colme di violenze, indigenze, povertà, e tenebrosità per rinascere dentro una nuova Terra, da essi concepita come il Paradiso Terrestre. Attraverso questa prima interpretazione i migranti bordiniani, non sono solo ed unicamente “carne da macello”, ma anche e soprattutto una vera e propria Classe Sociale, che è riconoscibile ai nostri occhi attraverso il tema del viaggio. Un tema, quello del viaggio, che nella poesia bordiniana simboleggia la fuga e la libertà spirituale dalle cattiverie, dalle oscurità, e dagli “stupri” causati dall'animo umano. La seconda interpretazione è prettamente di stampo etico-esistenzialistica, poiché i migranti bordiniani simboleggiano gli Uomini, i quali a loro volta sono eternamente alla ricerca di una luce salvifica, per la loro tetra e brumosa esistenza giornaliera. La terza e ultima interpretazione è di stampo mistico-religiosa; e riguarda interamente il mare. Un mare, quello bordiniano, che può ben essere paragonato al Padre Celeste e come esso, anche il mare del poeta jesino-chiaravallese accoglie e riscalda le anime dei buoni, dei gentili, e dei compassionevoli, ma allo stesso tempo però, punisce i cattivi e i figli di Satana facendoli per sempre addormentare nelle sue buie, oscure, e brumose profondità.

La seconda e terza poesia che analizzerò, sono “Jesi mia” e “Jesi de 'na 'olta”. Poesie, queste, in cui il sommo vate jesino-chiaravallese si guarda indietro attraverso il vernacolo jesino, mostrandoci così la Jesi passata, ovvero quella in bianco e nero. Queste due poesie del Bordini, possono essere definite come antropologiche, poiché rappresentano la Jesi con le sue vetuste radici, le sue strade e vie animate da selvaggi fanciulli nelle sere primaverili, i suoi balli e canti estivi, e con i suoi profumi e sapori. In poche parole, la Jesi del poeta jesino-chiaravallese, simboleggia il cambiamento, l'evoluzione, e la lotta tra le accecanti allucinazioni mistiche e le brumosità spirituali.

La quarta è ultima poesia che prenderò in esame è la magnifica “Ave Maria”, scritta dal maestro Bordini interamente in vernacolo jesino, come del resto lo sono tutte le poesie contenute in Jesi ieri. Un'Ave Maria, quella del maestro e sommo vate Bordini, che al pari delle versioni classiche composte da Schubert, Gounod, Verdi, Rossini e al pari di quelle moderne scritte e cantate da Fabrizio De André, Renato Zero, e Albano Carrisi, condivide il medesimo messaggio universale della pace, della fratellanza, della compassione, e della benevolenza fra gli Uomini.

 

Stefano Bardi


 
 
 
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