György Lukács e io ci troviamo, per un aperitivo all’Ápeiron, seduti in un tavolino del locale gestito da Bruno Muratori. Avendo come mio ospite, questa volta, il maggior rappresentante del marxismo ortodosso sono sicuro che il mio dialogo con Lukács sarà accompagnato da Muratori stesso. Infatti costui si fa vedere e viene fuori, durante i miei aperitivi all’ Ápeiron, solo quando sono con me importanti teorici del marxismo, del comunismo e della lotta di classe.
GIANFRANCO: «György, ascolta, il tuo capolavoro Storia e coscienza di classe è del 1923: risale a 94 anni fa. Ha senso, secondo te, ripensare ancora oggi le categorie fondamentali del comunismo?»
MURATORI: «Non gli dare retta: Non c’è lotta, non c’è conquista senza un forte Partito Comunista».
LUKÁCS: «Non è questo il punto. Il punto è quello di domandarsi, oggi ancora una volta, se esistano o meno le condizioni per il comunismo nel mondo».
GIANFRANCO: «In fondo la tua domanda equivale all’interrogazione che chiede: è la globalizzazione un destino? Ovvero: il sistema economico capitalistico è l’unico veramente degno di essere perseguito nel Pianeta?»
MURATORI: «Non ve la prendete con me con la scusa che sono il proprietario dell’Ápeiron. Caffè offerto a tutti e due se non ve la prendete con me!»
LUKÁCS: «Nella mia opera io ho tracciato un quadro. L’essere marxisti è una faccenda di metodo non di cose che si dicono. In questo senso il metodo di Marx è la dialettica. Per cogliere la realtà non vi è che un unico metodo: la dialettica che riesce a vedere le cose come totalità. E le classi sociali rappresentano il punto di vista del soggetto dialettico. Cioè del soggetto che, di fronte all’oggetto, deve pensare se stesso attraverso un oggetto colto come totalità».
GIANFRANCO: «Ma oggi le classi sociali sono erose. Pensa alla fine della famosa classe media…»
MURATORI: «Io sono l’ultimo esponente della middle class…»
LUKÁCS: «Ma oggi esiste chi sta sopra e chi sta sotto rispetto alla ricchezza. Esiste una forte diseguaglianza economico-capitalistica fra i possessori della ricchezza globale e chi ha solamente la propria prole come ricchezza».
GIANFRANCO: «I nuovi borghesi e proletari!»
MURATORI: «Chiamali come vuoi, la sostanza del discorso è adamantina: oggi che un grande gap tra chi ha e chi non ha».
GIANFRANCO: «Mascherato da chi illustra le dinamiche della società attuale profetizzando un gap tra chi è connesso, on line, e chi non è connesso, off line, rispetto alle grandi reti della comunicazione globale».
LUKÁCS: «Insomma anche oggi ci sono i proletari. E io nella mia opera affermavo che solo con l’apparire del proletariato la società può riuscire a scorgersi come un intero».
MURATORI: «In questo senso il principio che fa la storia è la coscienza di classe».
GIANFRANCO: «Quando il proletariato riesce a prendere coscienza di se stesso come classe, solo allora si ha la storia».
LUKÁCS: «I nuovi poveri di oggi forse non sono proletari e forse lo sono. Sono persone che sono relegate nel gradino più basso della scala sociale. Ma la mia analisi è corretta anche oggi perché io ho analizzato il capitalismo e mi sembra che questo sistema economico sia ancora oggi quello che vige su tutto il Pianeta».