Denise Ciampi
L’offerta di Minerva
Carmignani Editrice, 2016, pp. 72, € 10,00
Altamente simbolico e al contempo radicato negli eventi di un ampio periodo storico, il romanzo di Denise Ciampi, L’offerta di Minerva, conferma la tendenza dell’autrice a privilegiare creature psicologicamente complesse e per questo cariche di fascino, come lo sono i personaggi della sua raccolta precedente, Tendenti al volo, (Carmignani Ed. 2015).
Il sogno e la visione si intrecciano con la realtà, costituendo una guida per leggerla e per procedere. Ci sono tanti occhi. E uccelli dal collo lungo e contorto come quello di un serpente. Son occhi di civette. Del resto la scelta del nomen-omen Minerva, per la protagonista, ha già in sé una chiave di lettura: Minerva è uscita armata dalla testa di Zeus, è protettrice delle arti femminili, quelle che si realizzano con le mani e con la pazienza.
Nella protagonista, giovane studentessa nel ’68, esperta psicologa ai tempi nostri, si uniscono i due aspetti dell’intellettuale partorita mitologicamente da una testa, e della donna pratica che insieme allo studio ha sperimentato il lavoro fin da bambina, che porta il suo metodo del “fare” nella vita professionale e nella cura delle nevrosi. Studentessa lavoratrice nella ditta tessile del nonno materno, non ha tardato a schierarsi dalla parte degli operai richiedenti diritti ai padroni.
Minerva è una personalità divisa che vive sul proprio corpo i traumi, quelli familiari e quelli sociali. È stata costretta a crescere nel dolore per la sempre più manifesta follia del padre; lo ha rinnegato per vergogna davanti agli altri, poi ha cercato di fare qualcosa per lui in manicomio e nella casa famiglia, dopo la legge Basaglia; ha studiato psicologia da adulta per avere strumenti più affinati che la aiutassero a capire la mente ed il comportamento umano.
Minerva soffre per le trasformazioni socio comportamentali indotte dal consumismo, per i drammi dei perseguitati, dei migranti, per tutto il malessere attuale.
Non ha soluzioni immediate, ma si rende conto che c’è bisogno di recuperare il contatto tra le persone, la comunicazione vera. Sente che è necessario partire dalla presa di coscienza del proprio corpo, sperimentarne le possibilità, ascoltarlo in silenzio. Questo diventa fondamentale soprattutto quando una improvvisa e altalenante cecità isterica le ruba le immagini. Comunque le mani la guidano di nuovo a “fare”, in un recupero della cultura e della bellezza.
Il romanzo alterna parti descrittive e narrative dal ritmo incalzante a parti filosofiche e di carattere sociale e pedagogico dove la tensione si distende, con frequenti ellissi temporali, talmente inattese da creare un senso di disorientamento. Che evoca in qualche modo le condizioni di quel mondo di follia che è trasversale al romanzo.
Marisa Cecchetti