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Marco Schiavetta. Conoscere la Mindfulness
13 Aprile 2017
 

Capita sempre più spesso di sentire parlare, con entusiasmo e convinzione, da un amico, in un programma televisivo, o leggere da qualche parte la parola mindfulness; il termine mindfulness si riferisce a uno stato mentale in cui la persona ascolta e osserva le proprie emozioni, le proprie sensazioni fisiche e i propri pensieri, accettandoli così come sono, senza giudicarli, senza cercare di modificarli, né bloccarli.

I terapeuti della Gestalt hanno sottolineato l’importanza dell’apertura nei confronti delle esperienze interne, mentre le terapie umanistiche, come la terapia centrata sul cliente (C. Rogers, 1970), hanno fatto dell’accettazione incondizionata della persona, come anche delle sue esperienze interne, la base dell’intervento psicoterapeutico.

La parola accettazione si accompagna spesso a connotazioni negative; rimanda a un atteggiamento passivo e fatalistico che, almeno in linea teorica, sembrerebbe precludere ogni possibilità di cambiamento; erroneamente inteso come sinonimo di rassegnazione rispetto a certe esperienze interne, nei confronti delle quali avvertiamo come istintivo il bisogno di lottare.

In realtà, sta a indicare un processo attivo di consapevolezza rispetto alle proprie esperienze interne, così come vengono sperimentate nel “qui ed ora” (questa è la gratificazione di cui parla Seligman - psicologia Positiva). Alla mindfulness si legano in modo stretto la “consapevolezza” ed il “qui e ora”, che sono anche alla base del funzionamento del ciclo di contatto per la psicologia della Gestalt.

Ora è importante fare esperienza, per comprendere cosa sto descrivendo: soffermiamoci per un attimo sul nostro respiro. Prima di averlo menzionato è probabile che nessuno avesse prestato attenzione ad esso (adesso portiamoci l’attenzione). L’osservazione del respiro può essere rivolta a fenomeni diversi: l’aria che entra dal naso ed esce dalla bocca, la contrazione del torace, l’addome che si gonfia e poi si sgonfia.

In questo preciso momento di cosa state facendo esperienza? State espirando o inspirando? Cosa notate in questo istante? Il respiro rappresenta la nostra “ancora” al presente. Prestarvi attenzione significa mantenere la consapevolezza delle sensazioni momento per momento. Non dobbiamo cambiare il ritmo del respiro, solo ascoltare le sensazioni che ci fa sperimentare. Questo è un breve esercizio di mindfulness.

Le abilità di mindfulness aiutano da un lato a non lasciarsi coinvolgere in abitudini ruminative (tanto inefficaci quanto aggravanti le emozioni negative – come sottolinea anche Seligman), dall’altro a non reagire impulsivamente. Mentre siamo concentrati sul nostro respiro, possiamo anche avere dei pensieri interferenti, come quello che stiamo respirando troppo velocemente o che dobbiamo riprendere fiato; così, anziché, rimanere concentrati sul nostro respiro, corriamo il rischio di perderci in considerazioni ad esso relative, allontanandoci dalla consapevolezza del “qui e ora”.

Gli esercizi di mindfulness insegnano proprio a riconoscere i pensieri e i giudizi che la nostra mente produce costantemente e a ritornare gentilmente alla consapevolezza della nostra esperienza del momento (nel nostro esempio, del respiro). Riuscire a prestare attenzione alle proprie esperienze interne promuove un aumento della consapevolezza e ciò produce e rinforza risposte emotive e comportamentali più flessibili, efficaci e guidate dagli scopi personali (E.J. Langer, 2015).

Divenire consapevoli dei nostri pensieri, emozioni e sensazioni, inoltre, aiuta a prenderne le distanze; mediante la mindfulness, infatti, ci disidentifichiamo dai contenuti mentali, che sono solo esperienze interne indipendenti dal proprio Sé. Come afferma Kabat-Zinn (1997), i pensieri sono solamente pensieri, non rappresentano la realtà; la consapevolezza che noi non siamo i nostri pensieri porta al distanziamento da questi e alla possibilità di entrarci in relazione per quello che in realtà sono: semplici eventi mentali, indipendentemente dal loro contenuto o dalla loro carica emotiva.

Grazie alle abilità di mindfulness, dunque, portiamo alla coscienza le nostre esperienze interne, in questo modo, incrementiamo la disponibilità della nostra mente ad accettarle per quello che sono (come avviene anche nell’approccio della psicologia Positiva). Essere disponibili a fare esperienza di una vasta gamma di pensieri ed emozioni, così come emergono spontaneamente, non coincide con il desiderare di sperimentarle, né col trovarle di nostro gradimento.

In realtà, se fosse possibile vivere una vita appagante e coerente con i propri scopi personali, senza sperimentare il dolore, la vulnerabilità, la perdita e così via, la maggior parte delle persone andrebbe in questa direzione. Purtroppo, però, sappiamo che il dolore e l’angoscia sono parti integranti della vita e la sofferenza risulta qualcosa di ineliminabile e intrinseca all’esistenza. Assumere un atteggiamento di disponibilità, dunque, significa accettare e tollerare le esperienze interne negative lungo il cammino per raggiungere ciò che è realmente importante per noi.

Accettare significa: essere sufficientemente aperti da contenere anche le esperienze negative, come il cielo può contenere le nuvole e l’oceano le onde (Hayes & Smith, 2005). Ci sono moltissime situazioni in cui risulta difficile accettare qualcosa che non siamo in grado di cambiare. Pensiamo, ad esempio, a tutte le volte in cui abbiamo speso tempo ed energie a rimuginare su ingiustizie subite o su errori commessi.

Come possiamo cambiare il passato? Non esiste alcuna possibilità. Ciò nonostante, spesso ci rifiutiamo di accettare i nostri errori, continuando a ripensare a quello che avremmo dovuto o potuto fare per evitare quanto accaduto (Seligman definisce questo meccanismo “ruminazione”). Accettare gli errori del passato non significa certo affermare che quanto è successo ci è andato bene; non è questo il senso dell’accettazione. Possiamo accettare la realtà, in quanto le cose sono andate così, senza alcuna forma di approvazione rispetto a quanto accaduto; ed è proprio un’accettazione radicale di quanto è effettivamente successo che ci permette di liberare le nostre energie e le nostre risorse per dedicarle al cambiamento di ciò che è modificabile e in linea con i nostri scopi e valori personali.

La consapevolezza che l’accettazione costituisca la base per il cambiamento attribuisce valore alla percezione dei propri limiti: riconoscerli è considerato di primaria importanza per entrare all’interno della ruota del cambiamento e consente di trasformarli in risorse; utili per il raggiungimento dei propri obiettivi. Apparentemente, potrebbe risultare contro intuitivo considerare l’accettazione uno strumento di cambiamento.

In realtà, come detto in precedenza, il cambiamento è possibile proprio nel momento in cui accettiamo le esperienze interne, non considerandole un ostacolo al raggiungimento di ciò che è veramente importante per noi. L’obiettivo non è quello di eliminare le emozioni negative di paura, tristezza, rabbia, colpa, disgusto e cosi via dalla propria esperienza, quanto piuttosto quello di aiutare le persone a riconoscere come la lotta contro i propri eventi interni indesiderati comporti automaticamente la rinuncia a una vita soddisfacente.

«Poiché la mindfulness implica un focus sulle proprie intenzioni, potremmo considerarla una forma di consapevolezza in cui condividiamo con noi stessi i nostri stati mentali. Condividere gli stati mentali è l’esperienza di base presente nell’attaccamento sicuro tra genitore e bambino che promuove la resilienza. La mindfulness può essere considerata come un modo per sviluppare un attaccamento sicuro con se stessi» (D.J. Siegel, 2013).

 

Marco Schiavetta

 

 

Bibliografia

S.C., Hayes, & S. Smith, S. (2005). Get out of your mind and into your life: The new Acceptance and Commitment Therapy. Oakland, CA: New Harbinger.

J. Kabat-Zinn (1994), Wherever you go, there you are: mindfulness meditation in every day life. Hyperion, New York. Tr. it. Dovunque tu vada ci sei già. Una guida alla meditazione. Tea pratica: Milano, 1997.

Langer Ellen J. (1989), Mindfulness, Tr. It. Mindfulness: La mente consapevole, Garzanti-Corbaccio: Milano, 2015.

M.E.P., Selingam (1990), Imparare l'ottimismo. Come cambiare la vita cambiando il pensiero, Giunti Ed.: Milano, 2015.

D.J. Siegel (2009), Mindfulness e Cervello, ed. Cortina: Milano, 2013.


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