«Parmenide di Elea diceva: “Lo stesso è il pensiero e ciò a causa del quale è pensiero,/ perché senza l’essere nel quale è espresso,/ non troverai il pensare”» dico a Theodor Wisengrund Adorno, mio ospite questa mattina all’Ápeiron per un aperitivo. Carmelo, il cameriere, ci sta servendo i piattini con le olive e gli arancini piccoli.
ADORNO: «Sì. E tutto il problema sta nell’identità fra la cosa e il concetto, fra la realtà e il pensiero che la pensa, fra il singolo essere umano che sta consumando un aperitivo in questo momento e la teoria che lo vuole descrivere».
GIANFRANCO: «Ah, povero Hegel».
ADORNO: «E povero Kierkegaard».
GIANFRANCO: «Perché “povero Kierkegaard”? Lui almeno aveva capito il singolo in relazione alla teoria hegeliana».
ADORNO: «Povero nel senso che aveva perfettamente ragione».
GIANFRANCO: «Vediamo un po’ più da vicino questa tua teoria… Ti va?».
ADORNO: «Moltissimo, ma solo per sprazzi e frammenti: se no sarei un filosofo sistematico. La filosofia ama le cose piccole. Per questo Talete è caduto nel pozzo».
GIANFRANCO: «Tu critichi profondamente la dialettica hegeliana perché essa, a tuo dire, giustifica tutto».
ADORNO: «Ma si, ma si: una stessa cosa è essere e pensare. Tutto il reale è razionale e tutto il razionale è reale. Così anche Auschwitz diventa un fatto razionale. Insomma la logica del sistema. Io ce l’ho col sistema, con la pretesa di poter afferrare, in forza del pensiero, la totalità del reale».
GIANFRANCO: «Quella di Hegel sarebbe una realtà completamente disvelata, priva di zone d’ombra, di scarti, di rinvii, di momenti in cui non accade niente».
ADORNO: «Esatto».
GIANFRANCO: «Questa è la pars destruens. Ma come pars costruens cosa proponi?».
ADORNO: «Appunto: lo scartoサ.
GIANFRANCO: «Sarebbe come dire: io non posso completamente conoscere la realtà, la mia realtà, perché c’è sempre qualcosa che sfugge, qualcosa che non è possibile incapsulare. La realtà poi è inemendabile e quindi non si può fare a meno di occuparsene. La realtà preme. Reclama i suoi diritti ma resta sempre al di là di ogni mia possibile interpretazione».
ADORNO: «La realtà reclama i suoi diritti: pensa che io già partivo svantaggiato!».
GIANFRANCO: «Perché?».
ADORNO: «Perché sono nato a Francoforte sul Meno, non sul Più».
GIANFRANCO: «Insomma lo scarto fra il soggetto e l’oggetto!»
ADORNO: «Se ti piace: tra la parola e la cosa? Tra tutto quello che ho nella mia mente e la stessa mia vita che ho davanti».
GIANFRANCO: «La tua è una Dialettica negativa perché predilige il differente, lo sconnesso, l’eterogeneo, il disorganico».
ADORNO: «C’era bisogno di uno scarto di fronte a questo capitalismo globalizzato arrogante che riduce tutti gli esseri umani a dei clienti».
GIANFRANCO: «Sacche di resistenza?»
ADORNO: «No. Delle vere e proprie resistenze. Lì dove il pensiero non può arrivare: lì sono io».