Il poeta nel vento, nel vento
che abbatte le sorbe dall’albero,
nel vento che nessuno può arrestare o deviare,
nel vento
che culla la città con tutte le sue luci.
Il poeta nel vento: pur egli è vento,
vento le sue parole, vento la sua volontà, vento la sua potenza.
Ed egli dice all’uomo:
altro non sei che vento sulla terra.
Oh! Allora il vento agitò le foglie in chiare onde
e colmò una giara di azzurro stormire,
sbatté una porta sul muso di un cane,
sollevò in alto una fanciulla sull’altalena.
Ed ora: quest’odore di combustione
d’avvenire e d’angoscia,
quest’odore di pietre roventi.
E il pescecane giace ansante sullo scoglio,
l’otaria mugghia invischiata alla roccia,
e il mare scuote, scuote le sue catene.
Prigionia! Prigionia dovunque!
Anche il mare è prigioniero. Anche il vento.
La libertà: nostro sogno e tormento.
Libertà d’essere me e te ciascuno per sé.
Libertà di entrare e sortire
dal genere umano.
L’impossibile libertà.
Invece i popoli, le masse
che tuonano e abbattono come mare.
Invece
Il comune assalto alle rocce.
Invece canali e praterie senza barriere,
la vita tra gli orizzonti in flutti erranti.
I popoli, le masse
e la libertà d’essere goccia nel mare.
Ma il dolore nel murmure del mare?
La melanconia nel vento?
Ove mi porta la tua diafana e forte mano?
A quali distese di erbe o di acqua?
A qual nido ondeggiante?
A quale città crollante?
Vento, ove soffi tu le mie parole?
Nel vuoto, come vortici nello spazio,
tra stelle carbonizzate,
nella notte senza occhio?
O soltanto a cadere fruscianti sulla rena
tra rovi della riva e scorpioni?
Vento senza ginocchia,
vento dal viso lucido come carta da gioco,
vento che fonde le pietre come sale
e mai risponde,
giammai risponde.