«AAA cercasi (cerca sì)/ Storie dal gran finale/ Sperasi (spera sì)/ Comunque vada panta rei/ And singing in the rain/ Lezioni di Nirvana/ C’è il Buddha in fila indiana/ Per tutti un’ora d’aria, di gloria» canta la radio dell’Ápeiron in una fredda mattina di marzo. Io me ne sto qua a pensare a Francesco Gabbani, questo nuovo filosofo del XXI secolo che pare avere aggiornato le dottrine di Eraclito di Efeso? Perché sembra che Gabbani le abbia aggiornate? Per l’aspetto demistificante della sua canzone che cerca di mettere in burla tutte quelle dottrine orientali cui era tanto legato Eraclito. In più Gabbani spera nel πάντα ῥεἳ. Cioè egli mette in evidenza quello che nel frammento rimastoci di Eraclito si dice: «Se uno non spera, non potrà trovare l’insperabile, perché esso è difficile da trovare e impervio». Gabbani non si limita ad auspicare una concreta dottrina eraclitea, egli critica (sia pure in maniera sorniona) tutto l’orientalismo a buon mercato di cui in questi ultimi tempi in Italia si fa incetta. Già nel 1979 nell’album L’era del cinghiale bianco (EMI Italiana) in una canzone dal titolo “Magic shop” Franco Battiato cantava: «E più si cresce e più mestieri nuovi/ Gli artisti pop, i manifesti ai muri/ I mantra e gli Hare Hare a mille lire/ L’esoterismo di René Guenon».
La critica da occidentali alle false mode dell’Occidente è dunque molto fondata nella canzone italiana. Ma Eraclito cosa critica? Che le cose sono quello che sono una volta per tutte. E questa è una dottrina orientale? Più che altro essa sembra una dottrina di Parmenide di Elea. Negare la staticità, per esempio del pensiero, equivale a far propria una dottrina che nega gli assunti fondamentali della dimensione mistica di quelle filosofie orientali che vedono Dio conoscibile solo attraverso la dimensione razionale. E si parla di filosofie quali il buddhismo, il taoismo e l’induismo.
Ma stamani, qui all’Ápeiron io non mi trovo con Francesco Gabbani, mi trovo insieme a Eraclito di Efeso.
GIANFRANCO: «Che ne pensi di Francesco Gabbani?».
ERACLITO: «Non solo il sole è nuovo ogni giorno, ma è sempre nuovo di continuo».
GIANFRANCO: «Non so di cosa tu stia parlando: ne sono all’oscuro».
ERACLITO: «Se c’è un cinema e le luci si spengono perché inizia il film».
GIANFRANCO: «Non so niente».
ERACLITO: «No, quello è Socrate, non sono io».
GIANFRANCO: «Sei piuttosto oscuro, oggi, Eraclito. Perché hai postulato il logos come il regolatore dell’armonia dei contrari, che tra l’altro si fanno la lotta, secondo i criteri della misura e del momento opportuno?»
ERACLITO: «Se tutte le cose che sono diventassero fumo, a conoscerle sarebbero i nasi».
GIANFRANCO: «Bevi il tuo aperitivo».
ERACLITO: «Quelli che cercano oro, rivoltano molta terra, ma trovano poco oro».
GIANFRANCO: «Sul letto del fiume ci sono i contrari».
ERACLITO: «Non si può discendere due volte nel medesimo fiume».
GIANFRANCO: «Perché?»
ERACLITO: «Immortali mortali, mortali immortali, la vita di questi è la morte di quelli, la morte di questi è la vita di quelli».
GIANFRANCO: «Fermati, facciamo un ragionamento. Tu parti da una sorta di perenne fluire di tutte le cose. Alla Lavoisier: tutto si trasforma. E va bene. Esprimi poi questo dinamismo universale con l’immagine del fiume. E va bene. Il perenne fluire di tutte le cose è regolato da una cosa che si chiama logos. E va bene. Poi dici delle cose incomprensibili, almeno per me».
ERACLITO: «La via in giù e la via in su sono una sola e medesima via».
GIANFRANCO: «Sì, senz’altro. Eraclito ascolta. Tu affermi che il perenne fluire di tutte le cose in realtà è un passare dei contrari dall’uno all’altro. I contrari sono in guerra ma sono anche conciliati in una suprema armonia. E tutte le cose sono generate dal fuoco».
ERACLITO: «Di questo logos che sempre gli uomini sono incapaci di comprensione, né prima di aver sentito parlarne, né dopo aver sentito parlarne la prima volta; e anche se tutte le cose avvengono secondo questo logos, essi si mostrano inesperti, quando si cimentano in parole e in azioni, quali quelle che io presento, distinguendo ciascuna cosa secondo la propria natura, e spiegando come essa è. Ma gli altri uomini non sanno ciò che fanno da svegli, così come dimenticano ciò che fanno dormendo».
GIANFRANCO: «Senz’altro, Eraclito!»
ERACLITO: «Fuoco- Logos- Guerra: è tutto quello che ho da dire».
GIANFRANCO: «Ma cosa c’entra il fuoco?»
ERACLITO: «Se verrà la guerra marcondiro’ndero/ Se verrà la guerra marcondiro ‘ndà».
GIANFRANCO: «I contrari sono conciliati in una suprema armonia gestita dal logos nella quale continueranno a opporsi l’uno all’altro ma saranno sistemati in una misura unica e quindi si alterneranno senza che nessuno di essi prenda il sopravvento sull’altro».