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In libreria/ Marisa Cecchetti. “Le metamorfosi del cuore” di Giovanni Sato
22 Marzo 2017
 

La rosa è una costante nei versi di Giovanni Sato, il fiore è trasversale: un fiore che si dischiude, si apre, come fanno i fiori al mattino al sorgere del sole. Ma è un giardino che trabocca di fisicità.

Si attende, si invoca la sera -rimando foscoliano- ma non perché fa tacere le battaglie interne, bensì perché prelude alla notte, momento magico dell’incontro con la donna amata, quando si scioglie l’attesa, notte che si vorrebbe non finisse mai, che fa odiare l’arrivo dell’alba, perché porta la separazione e la lontananza.

È una poesia col tu quella che si legge ne Le metamorfosi dell’amore, un moderno e coraggioso canzoniere petrarchesco, dove la donna è vissuta come presenza concreta, con tutto il tormento che la passione comporta.

Per fissare l’intensità di questa passione ed allo stesso tempo la preziosità di Lei, Sato recupera echi di poeti: c’è il ricordo della rosa aulentissima di Cielo D’Alcamo, dei mille baci e ancora cento di Catullo, della ballata di Cavalcanti che deve andare leggera e piana alla sua donna. Il panismo dannunziano echeggia in versi come questi: E noi lì diventati rami/ e adagiati sull’erba bagnata/ …siamo ora/ qui il prato,/ la collina ed il fiore/ di glicine che profuma.

È un amore così forte che lo fa sentire consapevole di come sia il nostro mondo/ la continuazione del creato; come se ogni notte fosse l’assoluto dell’amore, di tutto quello che il creato può contenere: noi che siamo tutte le rose/ e i cammini brevi della sera/ …noi che siamo/ l’insieme degli amori. Però, quanto più è unico, irrinunciabile, tanto più questo amore si veste di ansia se Lei non c’è.

Ed è anche una condizione che fa tornare bambini, quando si chiede ancora e ancora: Vorrei averti sempre/ nel giro delle dita/ e percorrerti la pelle/ fin dentro la tua rima.

Sato attinge in abbondanza al linguaggio metaforico per parlare di questo prepotente richiamo dei sensi. L’anafora torna con la forza di un ritornello o una invocazione, l’ossimoro evoca ed esalta contrasti, i giochi di parole sembrano un rimando al gioco amoroso: Le foglie amano nel silenzio/ amare l’assoluta notte/ che le ama… Gli amori amano nel silenzio/ amarsi nell’assoluta notte che li ama.

 

Marisa Cecchetti

 

 

Giovanni Sato, Le metamorfosi del cuore

Biblioteca dei Leoni, 2016, pp. 222, € 14,00


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