Un filo rosso di lana tutto imbastito unisce i lavori sulla figura della donna, tra foto in bianco e nero di Cinzia Grande e Giorgia Necade – appartenenti al gruppo Cacciatrici del reale e i dipinti col vino di Ryta Barbero, nella collettiva d’arte ‘TUseiLei’, che si sta svolgendo ad Alba in questi giorni di primavera.
VOLTI. Volti sorridenti che guardano l’obiettivo e altri che ne distolgono lo sguardo più o meno apertamente. Sole e solitarie, tra amiche e in gruppi disomogenei, nelle generazioni di nonne mamme figlie nipoti. Bambine e sdentate anziane, modelle e donne di tutti i giorni. Sono donne riprese nella loro quotidianità di piccole bimbe in crescita, ragazzine in attività sportiva, al lavoro come dentiste, contadine, impiegate. Donne in abito tradizionale, donne in abito da sposa, abitate da un figlio. Donne che fanno il clown, donne che suonano uno strumento come la fisarmonica per abbellire una vita malinconica, o per sollevarla da terra si atteggiano a ballerine. Sportive in palestra, in allenamento nella corsa della quotidianità. Ingioiellate o spoglie di orpelli, perché uno sguardo sincero riempie un viso di bellezza incontenibile. Ricoperte di pochi veli, in costume al mare senza età, con un berretto di lana o lo chador che piace tanto per il suo significato religioso. Ancora donne sulle panchine, in piedi. Acrobate. Alunne. Nuotatrici nel mar dell’esserci. Con gli occhiali, i capelli sciolti o ben stretti alla nuca. Diverse e giovani gemelle identiche. A fare la nanna con il primo libro da sfogliare e già grandi con l’impegno di un futuro da girare pagina dopo pagina ogni mattina, od ogni sera. Attrici, realiste o con una maschera di porcellana a portare il carnevale della vita. La ricamatrice con le mani disegnate dai cordoni di vene, che la vita ha modellato per rimanerne ancorati con i sogni. La calzolaia che prende il posto dell’uomo. Forse una seria politicante. La cuoca che impasta il sale delle lacrime al dolce dei suoi baci, il tutto cotto nell’esistere. La donna che guarda ad un passato, ad un futuro stando ferma nel presente. E noi, le spettatrici della mostra, che si ricerchiamo, ci confrontiamo e sorridiamo a questa moltitudine di amiche.
Fermando la fotografa Cinzia Grande si possono conoscere da vicino alcune storie, la donna probabilmente africana con il cappello di paglia ripresa in un bar in Croazia, l’avresti pensata ovunque tranne che ad Est, questo a dimostrare che il movimento è donna, che l’immigrazione è naturale, che il mondo ha meno confini. Poi ci sono le donne dell’Asia in costumi tradizionali che Cinzia ha fotografato nel salone D’Oriente a Torino, con il desiderio di visitare un giorno quella terra diversa, che ricompone le differenze e le fa diventare una sola realtà. Chiedo poi della donna con il tatuaggio dell’albero, che parte dal collo con le radici e scende con i suoi rami aperti, e la fotografa mi spiega che fa crescere l’albero nei rami, scendendo sulla schiena, ogni qualvolta che nella vita le accade qualcosa di bello. E rimango piena negli occhi.
E poi, quasi nascosta, c’è la fiaba della sposa dell’est di Giorgia Necade, nella donna nel vestito bianco scelto per l’importante occasione, fermata nel festeggiamento in riva al mare con il gruppo delle sue fedeli amiche. Questo ad insegnarci che diventiamo donne nella sorellanza e non nella competitivà. Diventiamo noi con il confronto dell’altra, rispettando la sua diversità, il suo modo di presentarsi, e riconoscendo insieme la nostra forma possiamo comprendere l’altrui, in una vicendevolezza sincera.
E così in mancanza di una didascalia si possono conoscere da vicino certe storie, che riescono a dare un senso e un corpo a quei tanti volti, ben 365 scatti, uno per ogni giorno dell’anno, a significare forse che ogni giorno tutte noi ci reinventiamo, o forse a significare che ogni giorno dell’anno è fatto di donna, o forse ancora che le donne sono donne tutti i giorni dell’anno, in tutti i loro modi di apparire.
Ryta Barbero, l’artista pittrice con i suoi pannelli delicati e ad intervalli tra le foto, festeggia le sue donne a spruzzi di vino, in una maestria originale che riattiva il ricordo di Pollock, che gioca con un acquarello brillo, ma che muove anche la psicanalisi e la casualità nell’uso libero caduto scivolato di un vino sulla carta, che lo assorbe e trattiene tratti macchie immagini, poi metamorfosi nei pennelli di Ryta. Le sue donne si svelano così in chiome meduse in cui nuota il loro inconscio, in corpi fluttuanti in cui danzano le loro volontà. Donne vestite di foglie autunnali, donne inghirlandate di stagnole dorate, tratti neri in carboncino se sono troppo bionde, rosso passione per altre frutto della natura, farfalle ad alleggerirle sull’anima, verdi occhi a scrutarle da dentro. Sono chiamate Le guerriere, Le Pole dancers, Le Maleducate, Non vedo non sento non parlo, La sognatrice, La Sentinella, Le donne pesce, Le bionde.
Nello stesso spazio svolazza anche il ricordo della Donna selvatica di Romano Levi, allestita in pannelli verticali ad indicare il saltellare delle sue donne selvatiche, lui che disegnava donne colorate, stilizzate, simpatiche ma soprattutto libere per boschi fra aghi di pino e la libertà nelle gambe agitate facendone poi etichetta alle grappe pregiate, come la Grappa di Bice “che respirando una volta sola/ scavalica tutte le colline”. Ditta oggi rilevata da Luigi Schiappapietra e Luicio Scaratti.
TUseiLEI. Presso la sala Banca d’Alba in Via Cavour, 4 (dal 4 al 26 marzo).
Barbarah Guglielmana
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