Nell’opacità di questa vita ci muoviamo in preda allo smarrimento, tanto che risulta difficile approdare a un senso. Così numerosi sono gli ostacoli, che siamo indotti non ad affermare la vita, bensì a negarla, a ferirla continuamente con l’indifferenza e con la noncuranza. Niente sembra allentare la morsa della nostra solitudine e della disperazione.
Davanti a tanta sofferenza, Giuseppina Rando ci chiede, con Geometria della rosa, di aprire i nostri cuori alla speranza di un cambiamento, segnalandoci che una diversa realtà è a portata di mano ed è raggiungibile grazie alla conoscenza, che «rivela ed occulta / divino e umano / in veglia e sogno / vita e morte».
Con i suoi versi l’autrice illumina i paesaggi dell’anima nei loro aspetti perduti o semplicemente celati, rivelando ai nostri occhi una dimensione di eternità all’interno dell’unica vita di cui si possa parlare, nel suo alternarsi del giorno e della notte, e delle stagioni, e del desiderio d’amore che ritorna sempre con uguale intensità. Svela Giuseppina Rando: «Sono le parole che hanno il potere di condurre nelle prossimità dei segreti dell’anima».
I mortali si muovono perché non stanno bene dove stanno, e tendono a colmare i loro desideri con il cammino. Tra essi costantemente convergono, sfiorandosi e unendosi, e nuovamente sciogliendosi. Da questo movimento scaturisce il costante nascere e perire della vita; il fiorire e l’appassire, e ancora un nuovo risveglio dopo la rigidità invernale. È vero che la tendenza a cadere, a rovinare non è una situazione occasionale o accidentale della vita, ma che le appartiene, come una sorta di forza di gravità. Ma è anche vero che niente è stabile e permanente, così come non esistono, in sé, notte e giorno, cielo e terra. Queste divisioni non appartengono alle cose, ma alla nostra incapacità di vedere le cose stesse nel loro insieme.
Giuseppina Rando, nel suo rimpianto di un paradiso perduto, vuole impossessarsi fin da quaggiù, con il lavoro poetico, dell’innocenza che è stata rifiutata dall’essere umano. Ci dice che la vita non è divisibile perché ciò che è sempre in opera è tutta la vita, l’esistenza nella sua totalità. In Geometria della rosa il contenuto vitale è preminente. La vita qui ha l’unica esigenza di dare il benvenuto alla vita. E, con essa, a «una gioia // che vuole sopravvivere / al dolore».
Queste poesie non si costituiscono solo come la tessitura di una poetica, ma anche come il ritmo dell’esserci, l’avventura di un’emozione. Si precisano come un colloquio che s’istituisce tra prossimità e alterità.
Tale rovesciamento del senza fondo (ovvero del fittizio) in fondamento non si dà autonomamente, ma chiede una decisione: la decisione di sprofondare nell’esistenza. Ed è ciò che Giuseppina Rando ribadisce accanitamente in questo libro, testimoniando che il mortale è l’essere in cui l’esistenza precede l’essenza e la determina. Esistenza e libertà, pensate coerentemente insieme, ci impongono di inventare in ogni momento la nostra vita, decidendo che farne; ci espongono all’incombenza di un continuo progettarci. Insomma non è una libertà astratta, la nostra, ma è sempre calata – ci segnala l’autrice – nel mondo delle cose, in una condizione “in-sé”. L’atto di scegliere l’amore, per esempio, si contrappone al senso comune, convertendolo a nuovi perturbanti valori, «come a notte / nel disordine del sogno».
La poesia non è uno strumento d’illusione. Al contrario ci svela che sulla scena del mondo hanno fatto incursione tanti mostri che si propongono di fare scempio delle nostre vite. Sono i mostri dell’aggressività e della distruzione. La loro violenza ci spinge tra le «ombre di una notte che non ha inizio al tramonto né fine all’alba». Tanto da rendere legittima la domanda: «Risalirà mai l’umanità / dall’abisso nero delle croci?». La tecnologia sta trasformando il mondo in un grande campo di concentramento, dove l’uomo è condannato al conformismo e sta perdendo la capacità razionale di conoscere, di agire, di scegliere in modo autonomo.
La marcia trionfale della tecnica può essere interrotta solo dal nostro affidamento reciproco, affidamento che – lontano dagli schermi luminosi dei computer – nutre le profonde amicizie on abbracci e strette di mano, nella passione dei corpi, nello starsi accanto, nel reciproco -aver-bisogno.
Va letto con grande attenzione questo libro. Ci parla della modulazione più alta che può raggiungere una relazione d’amore: l’affinità nel sentire. Nell’amore per il prossimo e per l’Altro si diviene intimi al mondo, e molteplici sono i modi, le forme, le manifestazioni di questa intimità. Lo si è nel coltivare un giardino, nell’accudire un neonato, nel condividere un dolore prestando ascolto alla «voce dolente / dell’umano». Si sperimenta in tal modo come l’amore non sia possesso, ma al contrario un modo di rendere vivibile il mondo persino laddove è atroce vivere.
Flavio Ermini
Giuseppina Rando, Geometria della rosa
Aletti Editore, 2017, pp. 100, € 12,00