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Alberto Figliolia. Ritratti in carcere di Margherita Lazzati
04 Marzo 2017
 

Chi fissa determinato l'obiettivo, chi pare osservare un lontano punto all'orizzonte. Chi apre il volto in un sorriso radioso, chi sembra corrucciato. Chi è intento alla lettura, chi immerso in una profonda riflessione. Chi conversa, chi tace. Chi è di profilo, chi di fronte. Chi è colpito dalla luce – che taglia con armonia il volto –, chi sta nella penombra. Chi giunge le mani, chi scherzosamente le frappone – asimmetriche – fra sé e l'obiettivo. I più sono soli, alcuni in coppia, in uno scatto son radunati tutti attorno a un lungo tavolo rettangolare che con le sedie occupa quasi per intero il locale. Son quasi tutti maschi, eccetto rare presenze femminili (compresa l'invisibile fotografa). Ci son corsisti e insegnanti volontari: indistinguibili (donne escluse) gli uni dagli altri. Chi è chi nel gioco delle identità? Mescolati insieme i volontari e le persone detenute compongono un mosaico umano di solidarietà e condivisione, oltre i muri, oltre le barriere del pregiudizio, “provocazione” che viene consegnata alla mente, alla visione, alla sensibilità di coloro che guardano, degli spettatori, agenti e non agiti in quanto sollecitati a una meditazione, senza mediazioni né divise ideologiche.

Trentuno sono le fotografie scattate da Margherita Lazzati all'interno del Laboratorio di scrittura e lettura creativa del Carcere di Opera: ventisette di persone recluse con pene di lunga durata – e anche un Fine pena mai (una sentenza terribile come, e forse più, di una pena di morte, anzi una vera e propria pena di morte camuffata, che si sconta vivendo...) – e quattro di volontari. Come detto, sostanzialmente indistinguibili. “Ritratti in carcere” è il reportage che la Lazzati – dopo gli invisibili fra noi per eccellenza, i cosiddetti barboni, e dopo il viaggio all'interno della disabilità nella Fondazione Sacra Famiglia di Cesano Boscone – compie fra le mura di un carcere di massima sicurezza, quello di Opera per l'appunto, con il beneplacito e la disponibilità dei partecipanti a uno dei più antichi laboratori di scrittura operanti in un istituto penitenziario.

Persone detenute che amano, leggono e scrivono poesia (per giunta di elevato livello formale). La parola come arma pacifica, di riscatto esistenziale. La forza del logos e delle metafore, con la riconquista di un nuovo itinerario, con una rinnovata fiducia in sé e negli altri e il desiderio di una relazione sana con il mondo, con la società. Per esser non più reclusi né esclusi, bensì inclusi, partecipi, empatici. Questo il “messaggio”.

Tutti i ritratti fotografici, eseguiti fra l’estate 2016 e l’inizio del 2017 (con l’autorizzazione del Ministero della Giustizia, per il tramite della Direzione del Carcere di Opera, e con il consenso delle persone detenute), saranno esposti, a cura della Galleria l’Affiche, in occasione del MIA Photo Fair”, la Fiera internazionale d’arte dedicata alla fotografia e all’immagine in movimento, che si terrà a Milano (The Mall-Porta Nuova) dal 10 al 13 marzo.

«Ho cercato in tutti i modi di uscire dalla logica del reportage ed entrare nell’idea del ritratto», spiega la fotografa milanese, «in una dimensione nella quale luce, spazio, sfondo, tempo, relazioni, appartengono a una realtà così definita e non modificabile. Volevo non raccontare, ma fermare un’apparenza fisica, un aspetto, una figura, una sembianza, un atteggiamento, un portamento, senza retorica e senza l’ambizione di andare oltre o cercare di cogliere l’anima. Potrei dire che forse, quando si lavora stretti, anche questa è una forma di rispetto».

L'esito conseguito ha la forza di un documento storico e, nel contempo, sentimentale, senza tuttavia traccia alcuna di retorica. Semplicemente immagini che penetrano nell'intelletto e toccano il cuore. Chi è chi?

 

Alberto Figliolia

 

 

Ritratti in carcere, trentuno fotografie di Margherita Lazzati (a cura della Galleria l'Affiche, www.affiche.it), MIA Photo Fair (www.miafair.it), The Mall-Porta Nuova, Milano. Dal 10 al 13 marzo.


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