Pioggia alta oggi sull’Ápeiron. Sta piovendo da stamattina alle otto. Il nuovo locale del centro inaugurato sabato scorso pullula di persone che vi cercano riparo. Tra i tanti intravedo Talete di Mileto: gli offro un aperitivo ed intavolo una bella discussione con lui.
GIANFRANCO: «Cosa prendi?»
TALETE: «Una bottiglia d’acqua».
GIANFRANCO: «Ho ordinato per te questo aperitivo ma va bene una bottiglia d’acqua anche per me».
TALETE: «Stimola la diuresi!»
GIANFRANCO: «E va beh, tu tra una cosa e l’altra non dici che una parte della verità. Con l’acqua hai fatto la tua fortuna».
TALETE: «L’acqua è il principio di tutte le cose. Come è vero che oggi sta piovendo. Che cade acqua dal cielo».
GIANFRANCO: «Piano! Piano! L’acqua contenuta nella tua bottiglia è il principio del cielo, delle stelle, di me che ti sto parlando, di te che mi ascolti?»
TALETE: «Non propriamente l’acqua della mia bottiglia. Anche quella ma non solo. Vedi io ho formulato un principio metafisico. Anche se la metafisica è nata dopo che Andronico da Rodi ebbe sistemato un’opera di Aristotele dopo quella della “Fisica”, nel primo secolo avanti Cristo».
GIANFRANCO: «Quindi a rigore il tuo principio non può essere definito metafisico. La tua teoria fa acqua da tutte le parti».
TALETE: «Il mio principio, l’acqua, è un’arché. Un principio ontologico. Un principio che si erge sopra tutta la realtà e che fa emanare da sé tutta quanta la realtà. E questo principio è una specie di acqua cosmica, per questo, come vedo, la mia acqua è molto diversa da quella contenuta nella mia bottiglietta».
GIANFRANCO: «Ma l’acqua che sta piovendo dal cielo in questo momento è pur sempre acqua».
TALETE: «Tutte le cose derivano dall’acqua. Solo che l’acqua che tu vedi è una parte del grande principio metafisico che si chiama acqua».
GIANFRANCO: «Insomma vi partecipa per somiglianza».
TALETE: «O per similitudine».
GIANFRANCO: «E così anche questo bar, l’Ápeiron, è fatto di acqua. Talete, acqua in bocca, ma mi sembra che le cose forse non stanno effettivamente così».
TALETE: «Tutte le cose sono piene di divinità».
GIANFRANCO: «Una volta ammesso che Dio è l’acqua si ha che tutte le cose sono composte di acqua. Mi viene in mente la fine del Titanic».
TALETE: «Non scherzare, oh Gianfranco, c’è acqua dappertutto: non vedi come sta piovendo?»
GIANFRANCO: «Ma se io sono fatto di acqua… Insomma tu mi hai confuso, oh Talete. L’acqua è importante ma essa non risolve il problema dell’uomo e quello del cosmo».
TALETE: «Perché?»
GIANFRANCO: «Perché non mi dice niente, nell’economia della mia vita, il fatto che io sia composto di acqua. È come se tu mi dicessi: sei fatto di protoni e di neutroni. Ma questo rispetto ai problemi stringenti della mia vita non mi dice nulla».
TALETE: «Anche i problemi stringenti della tua vita sono fatti di acqua».
GIANFRANCO: «Finisci quei salatini!»
TALETE: «Non hai ancora capito? Esiste questo grande principio immateriale, l’acqua, che poi diventa l’acqua contenuta in questa bottiglietta».
GIANFRANCO: «Con le mani posso finalmente bere, acqua azzurra, acqua chiara».
TALETE: «La faccenda è chiara».
GIANFRANCO: «Insomma noi nell’acqua di questa pioggia che sta cadendo da stamattina ci vediamo il grande principio cosmico e sappiamo che ogni cosa è fatta esattamente come l’acqua contenuta nella tua bottiglietta».
TALETE: «È proprio così».
GIANFRANCO: «Insomma siamo pacificati, siamo in pace con noi stessi: tutte le nostre grandi domande sono adesso suscettibili di poter avere una risposta. Noi veniamo dall’acqua. Siamo solo acqua. E andiamo verso l’acqua».
TALETE: «Vedo che hai capito».
GIANFRANCO: «Ma che senso ha tutto questo?».
TALETE: «L’anima è una sostanza eternamente in moto e semovente».
GIANFRANCO: «Non so. Non mi hai convinto. Alla fine di questo mondo di acqua le domande fondamentali dell’uomo hanno trovato una risposta ma è una risposta parziale. Manca l’anima. Manca il fulcro stesso del problema che tu hai sollevato».
TALETE: «Sembra che anche per Talete l’anima fosse qualcosa di movente, se diceva che la calamita ha un’anima perché muove il ferro».
GIANFRANCO: «Dunque noi ci attraiamo come fa la calamita col ferro. Ci veniamo l’un altro incontro. E questo il senso della tua filosofia? Siamo fatti di acqua che attrae altra acqua! In fondo questa teoria mi ricorda Newton».
TALETE: «Noi siamo magneti. Ci sono tanti piccoli magneti sparsi nel mondo che attraggono il ferro. E sia il magnete che il ferro sono fatti d’acqua».
GIANFRANCO: «Interessante».
Una coppia con dei bambini attraversò lo spazio dove era il nostro tavolino ed uno dei bambini sbatté addosso a Talete. Il filosofo (cosa che non poteva essere ancora visto che il primo a parlare della sua professione come quella di un filosofo fu Pitagora attivo a Samo dal 570 avanti Cristo) diede una pacca sulla spalle del ragazzino.
TALETE: «Cosa ti sgomenta tanto nella mia teoria?»
GIANFRANCO: «È come se tu mi dicessi: “sai quale è lo scopo di tutta quanta la vita?” Ebbene. “Cioccolata”».
TALETE: «Non riesci a capire l’acqua?»
GIANFRANCO: «Mi verrebbe da chiedermi: “e perché sono fatto di acqua?”»
TALETE: «Tu cerchi un Dio. La mia risposta ai problemi dell’uomo è molto più semplice. Siamo come l’acqua: il mio dire è un dire poetico. Siamo un fluido che scorre, che scorre, che scorre».
La pioggia continuava a battere intensamente sull’Ápeiron.
GIANFRANCO: «Ecco perché sei caduto in un pozzo. Tu sei un poeta».
TALETE: «Io caddi in un pozzo mentre stavo filosofando e una schiava della Tracia si mise a ridere canzonandomi. Mi disse: “Tu sei così bravo a vedere le cose che stanno nel cielo ma non ti accorgi di quelle che sono in terra”».
GIANFRANCO: «Moana Pozzi».
TALETE: «Pozzi-Ginori».
GIANFRANCO: «Renato Pozzetto».
TALETE: «Sai dove avvenne questo incidente?»
GIANFRANCO: «A Pozzuoli».
TALETE: «Io non sono un poeta. Sono un filosofo che ha visto, dall’alto di una nave, un uomo in acqua».
GIANFRANCO: «E chi era questo uomo?»
TALETE: «Era qualcuno che si era perduto dietro a tutte le grandi domande che assillano la vita di ogni uomo».