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Lidia Menapace. Come la penso sulla vicenda PD
22 Febbraio 2017
 

Non ho mai votato Pd e penso che non lo si debba votare, se si è di sinistra: ma vedo con grande preoccupazione la triste vicenda della sua dissoluzione, e penso che nessuno/a a sinistra debba essere invece soddisfatto/a di quel che sta succedendo. Perchè con ogni evidenza il messaggio che complessivamente ne viene è di confusione e meschinità: e ciò danneggia tutti e tutte.

Mi provo ad esporre sommariamente una opinione politica di un po' più ampio respiro perchè forse le cose scritte e dette in una prospettiva meno cronachistica possono mandare messaggi più utili.

Non è possibile vedere ciò che capita ora nel PD, senza ricordare che è il frutto di una lunga storia della politica italiana, che parte dalla Resistenza almeno. Nessuno/a può pensare la storia dell'Italia democratica senza la presenza del Pci, da sempre costituzionale, mai governativa per esplicita conventio ad excludendum. Sicché la politica italiana durante la stesura della Costituzione e nei decenni successivi si è sempre retta su questa formula, mostrando una straordinaria stabilità, infatti i molti governi che si succedevano erano poco più che rimpasti costosi, perché tecnicamente richiedevano crisi di governo ed elezioni. In tutta quella che viene detta prima Repubblica, il Pci ha lavorato a comporre con gli altri partiti costituzionali la Costituzione, non per nulla firmata anche da un suo illustre rappresentante (Terracini) e collaborato a costruire lo stato sociale con le relative riforme, di grande respiro e importanza.

Essendo così fatto, il Pci era una delle forme della grande socialdemocrazia europea, anche se non lo ha mai ammesso, cercando di tener viva una coscienza politica “rivoluzionaria”. Se questa opinione pur tanto sommariamente detta può essere considerata, ne viene che, quando si presentano situazioni prerivoluzionarie, il Pci si trova in grandi difficoltà, come si vide nel '68 e da allora sempre, perché la socialdemocrazia può svolgere un ruolo anticapitalista in fasi in cui l'attività riformatrice è il massimo che si può fare, ma non quando la situazione è prerivoluzionaria, anche perché la crisi del capitalismo avviene quando esso incomincia o non poter più essere riformato: quando si arriva a questo punto o si cerca e trova un'alterantiva da avviare, oppure il capitalismo in crisi, da sé non produce il proprio superamento, ma avvia la barbarie: siamo con tutta evidenza a questo punto. Se la situazione fosse meno pericolosa si potrebbe dire: lasciamo passare la barbarie, conserviamoci per un altro futuro salto rivoluzionario. Ma la situazione è invece tanto compromessa che può venire la barbarie della guerra atomica, cioè la fine del mondo. Se dunque qualcosa di utile vuol fare la minoranza di “sinistra” del Pd è che si sposti a sinistra, non contribuisca a fare del Pd un partito di centro senza ulteriori possibilità. Il disegno della classe dirigente di centro di impossessarsi dell'intero Pd e del sistema politico italiano è in corsso, la Dc ha dimostrato di avere -ibernata- una modesta ma efficente classe dirigente e si è pure ripresa la Presidenza della Repubblica, del Governo e ora tenta di acquisire l'intero resto della sinistra storica. La sinistra non è ancora riuscita ad evitare lo spezzettamento. C'è da aver davvero paura e vorrei che almeno ci si rendesse conto della posta in gioco. Amen!

 

Lidia Menapace


 
 
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