Sono certo che l’incontro di questa sera in cui si presenta un autore e in particolare una sua opera, sarà certamente piacevole e di arricchimento culturale e umano per ognuno di noi.
Angelo Andreotti, uomo schivo e riservato, è, infatti, un intellettuale di tipo classico, di quasi sessant’anni, che si è laureato all’Università di Bologna in Filosofia seguendo l’indirizzo estetico, cosa che mi sembra di poter dire abbia influenzato tutto il suo impegno e le sue opere. E filosofia ha insegnato negli anni che hanno seguito la sua laurea.
Per tutta la vita, come dicevo, il suo lavoro e il suo impegno culturale si sono svolti essenzialmente su due terreni:
quello dei beni culturali materiali, alle arti figurative; Angelo, infatti, oltre ad altri incarichi e impegni in questo campo, dal 2014 è dirigente dei Musei di Arte Antica e Storico scientifici del territorio di Ferrara ed era già stato Direttore delle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di quella città
e quello della letteratura, con un personale impegno nella scrittura creativa con importanti pubblicazioni, di cui hanno curato la critica e le recensioni numerosi autori. Le opere principali sono:
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Porto Palos, Book, 2006 - prosa poetica
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La faretra di Zenone, Corbo, 2008 - poesie
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Nel verso della vita, Este, 2010 - poesie
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Parole come dita, Mobydick, 2011 - poesie
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Dell’ombra la luce, L’arcolaio, 2014 - poesie
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Il guardante e il guardato, BookSalad, 2015 - romanzo
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A tempo e luogo, Manni, 2016; di cui parleremo specificamente questa sera.
In 30 anni dal 1986 innumerevoli, poi, sono state le partecipazioni attive a Convegni, Seminari e Docenze e le pubblicazioni di saggi e monografie, che sarebbe troppo lungo elencare e che un luogo delizioso, ma raccolto come “Passepartout”, che ringrazio a nome di tutti per l’ospitalità, farebbe fatica a contenere.
Comunque, la sintesi della biografia dell’autore che incontriamo questa sera può essere così raccolta: una vita interamente dedicata all’arte e alla bellezza con grande professionalità e sincera passione, che in tempi di pressappochismo e disinteresse non è certamente poco…
Ciò detto, vi proporrei di organizzare l’incontro con A tempo e luogo, l’ultimo libro di poesie, pubblicato da Angelo, in questo modo:
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dapprima sarò io a dire due parole per introdurre l’opera;
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poi ascolteremo se ci sono domane e curiosità da rivolgere ad Angelo;
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inoltre, lascerei a lui la parola per descriverci la sua opera, anche leggendone alcuni brani;
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infine, se ne avremo voglia, potremo intrecciare una breve discussione.
A tempo e luogo è un libro di 60 componimenti poetici edito nel 2016 dalla casa editrice Manni di Lecce. Approfitto dell’Overture (proprio così si chiama…) del libro per introdurne il suono e i contenuti.
Dove il sole dal fiume al crepuscolo
Incendia l’orlo rose delle nubi,
mentre il v ento tra i campi si allarga
distrattamente oscillando riflessi
sull’acqua che trema di buio…
Dove gli istanti si rubano il tempo
Fuggendo in luoghi remoti,
e tutto bruciano, e nulla lasciano
a riposare, a prendere fiato
in quest’alba più antica del sole…
Dove le nuvole a picco sugli occhi
Sfilacciano in azzurra evanescenza
Scivolando in un mondo invisibile
Come dalla pienezza del tempo
Svanisce pl’attimo, la sua intenzione…
Dove la compostezza della quercia
Squarcia la quiete di quell’orizzonte
Abbreviando lo sguardo, e ferma
La dispersione nella lontananza
Di una pianura arresa all’infinito…
Dove la casa si sveglia di noi
E inizia il giorno che finì all’aurora,
riconoscendo negli occhi le mani
che tanto hanno pescato dal fondo della notte…
Premesso che non sono un critico letterario, quello che da lettore maggiormente mi ha colpito nel libro di Angelo, nei suoi versi è stata la presenza della casa, i suoi rumori, le voci, le sue stanze, le chiavi. Una casa come luogo della memoria e del presente, da cui, attraverso cancelli e giardini, escono sensazioni, sentimenti, stati d’animo, percezioni e in cui entrano la natura e il tempo che la circondano.
Una dimora con stanze ad arieggiare dove ancora
risuonano voci ad esclamare nomi chiamati,
e rimorsi
a chiudere sbattendo la porta.
Una casa che pianta più a fondo le radici, come l’albero che compare in altri versi sempre di questo libro, una casa che sembra essere l’anima, il pensiero di chi traccia questa composizione poetica, o addirittura lo stesso poeta che, immerso nel luogo e nel tempo, li osserva e si attrezza per ri/collocarli attraverso un attivo silenzio.
E il luogo è la natura, una natura selvaggia: un bosco, le nuvole, la pianura; e il tempo è fatto contemporaneamente di attimi e di momenti lunghi.
La natura è quella del piccolo pulsante particolare e quella immensa dell’universo mondo, ma da cui, comunque, sembrano scomparire la città moderna, il cemento, il traffico…
Il tempo è quello di uno scorrere pacato, mai frenetico o incalzante, capace di vivere gli uomini e gli eventi e non di consumarli voracemente. Un tempo che sembra passare e andare avanti, ma che forse è fermo in un eterno ritorno
E ciò che sintetizza meglio e di più tempo e luogo mi è apparso il fiume che, nel suo scorrere, tiene assieme le due cose.
È che in fondo tempo e fiume si assomigliano
Entrambi scorrono
Restando
Nel punto esatto da cui se ne sono andati.
E, oltre al suono affascinante che promana dalla poesia di Angelo, se ci può essere un pensiero che lega l’intera opera, questo mi è apparso la volontà di rimettere tutto in ordine ‘a tempo e luogo’, attraverso la stesura, il lavoro faticoso di versi silenziosi e densi di significati.
Ma ascoltiamo brevemente chi con più mestiere di me ha commentato A tempo e luogo.
Varie e impegnate, infatti, sono state le recensioni a A tempo e luogo, e vorrei in apertura proporvi quella della nostra comune amica Patrizia Garofalo, che, non potendo essere presente, mi prega di salutare tutti.
Sentita Patrizia, mi fa piacere esporvi alcuni dei passi che mi sono sembrati più significativi e che commentano ulteriormente il testo che stiamo presentando, delle numerose e autorevoli critiche e riflessioni che sono apparse sul libro di Angelo.
È una poesia sommessa, ricca di tonalità e di movimenti allegorici quella che segna l’ultima silloge di Angelo Andreotti A tempo e luogo, dice Pina Rando. Una poesia che lascia affiorare ricordi e riflessioni tra parola e silenzio, un colloquio ininterrotto di pensiero e liricità. Una poesia conscia dell’esistente, dell’essenza dell’esistenza e quindi rimandante a ciò che ci circoscrive, ci avvolge e ci domina: il tempo e lo spazio. Tempo e spazio coniugati nella dimensione personale dell’autore, dal suo giudizio ed esperienza umana e poetica.
C’è un pudore, una reticenza alla nominazione delle «cose», aggiunge Giorgio Linguaglossa (critico letterario e poeta a sua volta; fondatore, tra l’altro dell’autorevole quadrimestrale di letteratura Poiesis), giacché qui non ci sono veramente delle «cose» riconoscibili ma astrazioni, oggetti rarefatti… I testi del poeta ferrarese non dicono mai «ecco, questo è il problema», «questa è la cosa», «questo è ciò ch’io voglio» e così via, insomma, non dicono mai le cose in modo diretto.
E, infine, Lorenzo Spurio (poeta e critico letterario lui stesso, nostro corregionale di Jesi) annota che la poetica di Andreotti è un mare magnum di espressioni che con perizia e ricorrenza s'imperniano nella meticolosa resa di immagini e situazioni nella forma di un limite: un varco da passare, un baratro sconosciuto, un abisso provvidenziale, un'apertura potenzialmente salvifica.
Inoltre, nella poetica di Andreotti è evidente quanto il tempo, ossia la riflessione sul tempo, possa essere condotta in maniera serrata e vigorosa partendo dalla considerazione che esso c’è, non visto, anche per chi non se lo pone come dilemma o come costruzione astratta da discutere ed elaborare in termini razionali.
Ecco perché l'autore (e questa mi sembra la migliore conclusione di questa breve introduzione) non poteva rendere in termini sintetici al meglio del titolo che ha scelto per l'opera: A tempo e luogo.
Renato Pasqualetti