Riproduco il titolo dell’articolo di Giovanni Cucci, apparso nel n. 4000 di La civiltà cattolica, “La felicità. Un gustoso anticipo di eternità”, per rimeditarlo in archeologia del linguaggio, ovvero sui 4.000 anni...
L’anello di congiunzione con me sta nell’incipit del saggio di Cucci:
(...) Un altro elemento comune rilevato è che la felicità non è a nostra disposizione, non è un prodotto delle nostre mani: essa può essere soltanto accolta quando fa la sua comparsa nel momento più inaspettato. Per questo la felicità è stata paragonata ad una farfalla, che si sottrae alla presa di chi la consegue, per poi posarsi su di noi quando siamo tranquillamente seduti. A motivo di questo suo carattere sfuggente gli antichi chiamavano la felicità eudaimonia, l’opera di un “buon demone”: essa parla di una dimensione superiore all’uomo, di cui non è la misura, ma che è in grado di riconoscere ed accogliere. (...)1
Il 27 luglio 2015 io ho titolato una mia rubrica ‘Ordine di farfalla’. Le due parole vengono significate in zumero così: urdu è ‘schiavo maschio’ – farfalla, har-hallah, è ‘anello-girar intorno’.
Io mi considero schiavo maschio dell’Uno d’origine, monaco laico.
Il fiume rotolante hal-hal segnala anzitutto una religiosità che concepisce il circolo O come il top della sacralità, tant’è che la vocale o è assente in zumero, intrattabile sostituita dalla u.
L’anno è il circolo del tempo, ‘immagine (u) del cielo (an)’ ed è tutto. A fine anno può finire tutto se non avviene il miracolo del dio-demone della morte che si unisce alla dea della vita, a…de…a: ade = Ade, l’inferno, Dea = dea della vita. Ancòra vita ancorata misteriosamente all’anno passato. A capodanno si scatenava lo Zag.mu(-k), festa della sessualità per la vita.
Così l’espressione linguistica in cuneiforme è stata espressa in tavolette, dub, in modo circolare.
L’origine linguistica sta in eme ghir, nel circolo del me (cfr. “La teoria della lettura circolare del Zumero. 1”).
Dunque, la latina origo viene grafata gir.u e letta retrorso u.rig.u.
Il latino morior coniuga mur.i.ur, dove –ur è la ‘base d’entrata’, -i- è pianto e sentiero (in uia, ‘cielo.sentiero.terra’), mur è il fegato divinatorio.
Ribadisco nella decifrazione del sintagma, usato da De Saussure per provare il contrario del suo credo (‘il senso delle parole si perde nel tempo’), corroborante l’archeologia della pietra opposta all’archeologia del linguaggio, che compenetra parole e pietre: vedi in “La teoria della lettura circolare del Zumero. 2” e in “La teoria della lettura circolare del Zumero. 3”.
Dunque, la felicità per il socio-economista che scrive, è l’archeologia del linguaggio: la gioia di poter dare al mondo:
Amu: “Io sono” detto da Dio
Amu chiarisce am.en “che venga il Signore” nel punto di vista umano, nam.u, ‘tutto. Infinito’.
Kar.mur, il Capodanno zumero, è ‘forza (kar) -del- mur’, verme della terra, l’umano che in mur.ia, ‘luogo del mur’, moria, paleonimo del sacrificio di Isacco chiesto da Dio ad Abramo come prova di fede, è il moria greco, la follìa elogiata da Erasmo da Rotterdam.
La follìa è medicalmente un dissesto, umanamente una dimensione della felicità. Quella toccata da Psiche assieme ad Amore nelle Metamorfosi (IV-V-VI degli XI libri).
La metamorfosi di Apuleio: il suo protagonista Lucio, che dovrebbe dar luce, come Lucia, è l’asino gnostico che riassume il circolo della vita-morte, asino in apparenza uomo per magia errata, passa attraverso una vocis immutatio, una ‘mutazione’ che modifica mutatio, ‘mutazione’, col significato di azione cambiamento grazie ad im, il vento-spirito in zumero: come potete spiegare altrimenti? Da mu, nome che dà nome a tutti i nomi, comparso col me.lam.mu all’origine col me nel lampo creativo.
Io mi sono riempito di gioia, come l’autore gnostico ben conosciuto da sant’Agostino promette. Apollo, il veridico, aveva vaticinato al padre di Psiche, troppo bella per venir corteggiata, che la fanciulla fosse esposta sul picco di un monte per venir presa da un mostro crudele con volto di serpe. E venne presa da Amore, figlio di Venere-Isityche.
Io non so se questo mostro crudele, Antasubba, ‘demone della perdita della conoscenza’, che solo io vedo letto retrorso ba.bu.sat.an, ha preso tutti i lettori di quaranta lingue diverse per non far riconoscere uno gnostico pagano in Apuleio, che deve aver conosciuto personalmente il filosofo gnostico Valentino nel 160 a Roma. Credo che sia ora di godere da cristiani della felicità serena che a noi viene oggi tramite Gesù, in zumero GESH.BU, ‘Albero di conoscenza’, che può venir letto GESH.UB, ‘Albero del Cielo’.
La felicità è un dono di Dio. In zumero dono è du8nu:
du8
v., to crack, loosen, open; to take apart (such as plow for storage); to untie, release; to remit (a debt); to redeem, reclaim; (in math. texts) to compute; to adorn, clothe (reduplicated); to yoke; to accumulate, amass (reduplicated); to make disgorge (reduplicated); to spread; to caulk a boss (with pitch); to gouge (eyes); to bake bread/bricks; to prepare the threshing floor (du8 as a noun, cf., duh) (in maru singular, du8-r or du8-ur and in maru participial form, du8-d).
adj.: free.2
nu
image, likeness, picture, figurine, statue [NU archaic frequency].3
La felicità è come un pezzo che si rompe presto, dunque un assaggio dell’eterno.
Carlo Forin
1 “Quaderno 4000” di La Civiltà Cattolica, Compagnia di Gesù, Roma, 11 febbraio 2017, € 9,00.
2 John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Logogram Publishing, Los Angeles, 2006: 46.
3 Ivi: 208.