Un uomo di grande umanità e intelligenza non comune è stato Antonino Buttitta, nato a Bagheria (Palermo) il 27 maggio 1933 e scomparso improvvisamente il 2 febbraio scorso a Palermo.
Figlio del poeta Ignazio Buttitta (Bagheria 1899–1997) ne ha ereditato l’amore per la Sicilia e la passione per combattere i mali che l’affliggono.
Professore ordinario di discipline antropologiche all’Università di Palermo e preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dal 1979 al 1992, Antonino, Nino per tutti coloro che lo conoscevano e frequentavano, crebbe, si può dire, all’ombra del padre (di credo comunista), piccolo commerciante ambulante che, con la sua immancabile birritta ricamata, andava per città e paesi per recitare nelle scuole, nelle piazze e nei teatri le sue poesie in dialetto evocando le tradizioni e l’epica del popolo siciliano.
In un’intervista nei riguardi del padre così si esprime: Per quanto riguarda l’identità intellettuale non v’ha dubbio che la mia formazione è nata e maturata nel radicamento con la cultura siciliana che ho esemplato da mio padre. Da mio padre ho anche ricevuto un’eredità morale e politica, nel senso che ho appreso che un vero uomo di cultura deve stare sempre dalla parte degli “scartati”, cioè dei vinti. Da mio padre ho capito, attraverso un modo di dire, la concezione del mondo e della vita dei Siciliani: Si u riccu non fussi foddi un campassi u puvireddu; come dire che l’unica possibilità che ha il povero, il debole per sopravvivere, sta nelle contraddizioni del potere, il suo cosmos è consentito soltanto dal caos del potente.
E la cultura per Nino Buttitta non era quella cattedratica, non quella dei salotti buoni della nobiltà palermitana, ma quella che egli incontrava nei circoli letterari, nelle conferenze aperte a tutti, nelle librerie (si ricorda la sua collaborazione con Elvira Sellerio e Leonardo Sciascia) una cultura della quale, con la sua scomparsa, se ne piangerà certamente il vuoto.
Un uomo indimenticabile e singolare, alto, robusto, possente dall’aspetto burbero, ma quando il suo sorriso ne illuminava il volto, si scopriva un uomo generoso e buono.
Un gigante buono dal temperamento forte che si era affermato a livello nazionale ed internazionale da solo per il suo grande ingegno.
Con Buttitta la Sicilia e la società culturale perdono, dopo Sciascia, Bufalino e Consolo, un’altra grande personalità ricca di un sapere non astratto ma concreto, fatto da una molteplicità di ampi interessi “tenuti assieme dal sentimento di appartenenza all’unico e plurale disegno della identità siciliana”.
Un ricordo personale: il prof. Nino Buttitta ha voluto e organizzato, presso il museo internazionale delle Marionette “Antonino Pasqualino” di Palermo (con Giocchino Lanza Tommasi, Natale Tedesco e Franco Lo Piparo) il 7 marzo 2014, la presentazione del mio volume Le belle parole. Ha avviato la presentazione recitando l’Enuma Elisch, il più antico testo scritto documentato sulla creazione, pochi versi tratti dal poema teogonico e cosmogonico, appartenente alla tradizione religiosa babilonese, che tratta, in particolar modo, del mito della creazione e le imprese del dio Marduk:
Quando nell'alto il cielo non aveva ancora un nome
[E] in basso anche la solida Terra non aveva nome…
«Sono pochi versi» ha detto Buttitta, «ma importantissimi perché si consacra “la parola” come elemento fondante la vita stessa dell’uomo. Ho voluto fare questa citazione per dare senso e significato all’incontro di questa sera, durante il quale si parlerà appunto di un libro che tratta di belle parole...»
Ancora il mio più sentito grazie, prof. Nino Buttitta!
Giuseppina Rando