L’ALBATRO
Spesso, per divertirsi, i marinai
prendono un albatro, uno di quei grandi uccelli di mare
che seguono, indolenti compagni di viaggio, le navi
in volo sugli atroci abissi.
Il re dell’azzurro! Non fanno in tempo
a posarlo sulla tolda che sùbito, goffo,
impacciato, comincia a strascinare
come fossero remi le ali grandi e bianche.
Povero viaggiatore alato, com’è
fiacco e sinistro – e comico e brutto, lui
poco fa così bello! Uno gli mette
la pipa sotto il becco, un altro, zoppicando, fa il verso allo storpio che volava…
Il Poeta è come lui, principe dei nembi
che sta con l’uragano e ride degli arcieri.
In terra, fra grida di scherno, solo,
con le sue ali da gigante non riesce a camminare.
CORRISPONDENZE
La Natura è un tempio dove incerte parole
mormorano pilastri che sono vivi,
una foresta di simboli che l’uomo
attraversa nel raggio dei loro sguardi familiari.
Come echi che a lungo e da lontano
tendono a un’unità profonda e buia
grande come le tenebre o la luce
i suoni rispondono ai colori e i colori ai profumi.
Profumi freschi come la pelle d’un bambino,
vellutati come l’oboe e verdi come i pr ati,
altri d’una corrotta, trionfante ricchezza
che tende a propagarsi senza fine – così
l’ambra e il muschio, l’incenso e il benzoino
a commentare le dolcezze estreme dello spirito e dei sensi.
Da: Charles Baudelaire, I fiori del male, 1861, tr. it. Giovanni Raboni.