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Carlo Forin: Antares.
Alberto Pasqual,
Alberto Pasqual, 'Antares' 
15 Dicembre 2006
 

Come collaboratore di Tellusfolio sono lieto di presentare ai lettori e navigatori Adriano Gaspani, dell’osservatorio astronomico di Brera. Ho avuto modo di conoscerlo a Pinerolo, nell’ottobre del 2003, al II Convegno Internazionale di Paletnologia delle Alpi Occidentali, dove sono convenuti 120 partecipanti che hanno riferito su 40 relazioni. La stella archeoastronomica del convegno era lui, citato rispettosamente un po’ da tutti.

 

 

ANTARES

 

Antares è il nome famoso di una stella, ma è sconosciuto come nome di un dio.

Hugo Winckler, lo ‘scopritore degli Ittiti’, ci racconta in La cultura spirituale di Babilonia (1982 Rizzoli) che gli antichi hanno dato nomi alle stelle individuandole come dèi. Dunque, la stella era un dio.

Curo Antares ormai da otto anni, a tempo pieno. Sono un pazzo?

 

- Che cosa hai trovato di entusiasmante in questo nome? Un tesoro?

Sì, ho proprio trovato un tesoro di antichismo; ho trovato il cardine che giustifica il collegamento linguistico: italiano ß latino ß sumero (/accado).

- Come può essere che il nome di una stella lontana 500 anni luce dal sole abbia questa forza?

Bisogna fare un ‘cambiamento’ di pensiero: uscire dalla concezione moderna ed entrare in quella antica; è difficile da superare la lontananza nominale storica, mentalmente, e si può fare dal momento che coloro che hanno dato i nomi alle stelle sono di questa Terra.

La conformazione del pensiero è sempre umana, ma quella antica che ha inventato il nome, è permeata addirittura da un archetipo diverso, oltre, naturalmente ad esser espressa in lingue diverse; ma il nome è quasi uguale: AN TAR ISH a Sumer (in Bassa Mesopotamia), AN TAR ESH ad Ebla (nell’Alta Siria).

Questo ‘cambio di punto di vista’ è l’operazione più inconsueta anche per chi si occupi di cose antiche (purtroppo).

 

Ne ho parlato ad Aquileia, il 25.11, e la mia relazione viene riportata in Archeomedia.

Il punto di partenza è stato davanti a casa mia.

Il punto d’incontro tra il pensiero moderno e quello antico si può avere grazie all’osservazione della levata eliaca di Antares, che un computer, dotato del programma astronomico adatto, può offrire a tutti. Si può osservare ‘in diretta’ la levata eliaca di Antares. La potenza della macchina moderna rende piccolo il pensiero incapace, nonostante questa ‘presa diretta’, di incontrare il pensiero antico, no? Ma, per fare il ponte completo, un’altra cosa è necessaria: l’osservazione dei nomi degli dèi plurimillenari, che trapassano le lingue!

Ne parlo, in 113 articoli fin dal 2.12.01 su www.siagrio.it /Antares, a partire da questa frase:

 

La ricerca delle nostre origini è un’avventura che vi invito ad affrontare mediante il ricorso ad uno strumento nuovo e ad un materiale antichissimo, mai usato: Internet ed i nomi degli dèi.

 

Levata eliaca di Antares’ significa: osservazione ad occhio nudo della stella che appare per una trentina di secondi poco dopo che il sole è sorto.

 

Sarete d’accordo, credo: si tratta di un’osservazione molto speciale. Tra le circa settemila stelle che si possono vedere nella volta stellata la sola Antares veniva scelta, con la sua levata eliaca, per fissare il Capodanno sia dai Sumeri, l’11 novembre del 2270 a.C., sia dai Celti, nel 500 a.C..

Una luce ‘specialissima’!

Il secondo fatto viene descritto dall’archeostronomo oggi più famoso, Adriano Gaspani (che ha accettato di collaborare con tellusfolio) nel suo libro A. GASPANI e S. CERNUTI, L’astronomia dei Celti, 1997 Keltia, Aosta

Abbiamo discusso assieme, via e-mail, se questo fatto sia in relazione col primo ed alla fine lui si è detto d’accordo. Il problema, ora, sta nel cercare l’accordo di tutti, perché prevale tutt’oggi la concezione del mondo indoeuropeista, che dichiara alieni i Sumeri.

Dunque, cerco di essere chiaro.

I Celti chiamavano Lugh la luce che i Sumeri nominavano LU GH, soggetto Luce (che abbiamo visto in G).

 

I Sumeri chiamavano questa stella AN TAR ISH ed il Celti TAR AN ISH.

 

La levata eliaca di Antares non può esser stata scelta per fissare l’inizio dell’anno in modo indipendente sia dai Celti autoctoni in Irlanda sia dai Sumeri in Bassa mesopotamia, no? E, se per non so quale miracolo questo fosse avvenuto, è mai possibile che avessero usato lo stesso nome per designare la luce del cielo: Lugh?

Quanto all’inversione di sillabe in AN TAR ISHà TAR AN ISH aiuta sapere che l’espressione del nome fatta dagli Accadi, popolo contemporaneo ai Sumeri, era Taru Anu, il ‘giro del Cielo’, lo zodiaco.

Antares era il Capodanno ed anche tutto l’anno, lo zodiaco.

 

AN TAR ISH significa: unione e separazione (TAR) del Cielo (AN) e della Terra (ISH).

ISH TAR appare quando si anticipi la terza sillaba alla seconda e dà un indizio che inizia a spiegare come TAR AN ISH non sia che la lettura di AN TAR ISH. AN ISH TAR è un’altra lettura possibile.

Ciò che unisce e separa il Cielo e la Terra è l’Aria, EN LIL, dio sovrano degli Accadi.

AN TAR ISH è uno dei sinonimi di EN LIL.

Un altro è NAR RU > narro > narro.

 

Carlo Forin


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