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Maria Paola Forlani. Rinasce Palazzo Fulcis 
Il nuovo Museo di Belluno, magnifica dimora dell’Arte
03 Febbraio 2017
 

Tiziano ospite d’eccezione
con la Madonna Barbarigo

dell’Ermitage

 

 

Tremila metri quadrati di spazio espositivo su cinque piani e articolato in 24 stanze; stucchi e affreschi settecenteschi recuperati, un allestimento rispettoso ed emozionante: a Belluno torna a splendere Palazzo Fulcis destinato a nuova sede della collezione d’arte del Museo Civico, dopo attento restauro finanziato da Fondazione Cariverona e costato circa 8 milioni di euro e un accurato progetto museografico.

Bartolomeo Montagna, Domenico Tintoretto, Matteo Cesa, Andrea Brustolon, Marco e Sebastiano Ricci, Ippolito Caffi, ma anche preziose collezioni di porcellane, i rari bronzetti e le placchette rinascimentali, la raccolta di disegni e le incisioni di altissimo pregio hanno ora una prestigiosa dimora.

Oltre 600 opere della collezione dei Musei Civici di Belluno – una delle più antiche di tutta la regione – dal Medioevo al Novecento, sono ospitate nelle rinnovate e funzionali sale di Palazzo Fulcis, uno degli edifici più importanti del Settecento veneto. Belluno si arricchisce così di un nuovo spazio museale, già di per sé un’opera d’arte, destinato a diventare il gioiello culturale delle Dolomiti.

Per celebrare l’apertura di Palazzo Fulcis non poteva tuttavia mancare il grande Tiziano, nativo del Cadore, ed ecco allora l’omaggio alla città di un prestigioso museo internazionale. Direttamente dal Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo – per la prima volta in Italia, dopo oltre centocinquanta anni – è giunto a Belluno fino al 1° maggio 2017 la celebre Madonna Barbarigo, opera realizzata dal maestro intorno gli anni Cinquanta del XVI secolo. Dopo un lungo ed eccezionale restauro, che ne ha rivelato la sorprendente qualità originale, il magnifico dipinto, amato da Tiziano tanto da conservarlo in casa propria fino alla morte, è ora affiancato in mostra da due opere dello stesso soggetto provenienti dal Museo di Belle Arti di Budapest e dalla Galleria degli Uffizi di Firenze.

L’apertura del Museo Civico di Belluno nel restaurato Palazzo Fulcis, segna un momento particolarmente importante per la città dolomitica, che sta ripensando la cultura e l’identità del territorio e la sua offerta alla luce di una serie di interventi strutturali in atto nel cuore di Belluno, non solo il Fulcis ma anche il restauro in corso di Palazzo Bembo, la futura apertura del Museo archeologico, i lavori di ristrutturazione dell’Auditorium Comunale nell’antico Palazzo dei Vescovi-Conti, a creare un triangolo della cultura assolutamente unico.

Il vero obiettivo del progetto museografico di Palazzo Fulcis è stato quello di inserire in modo adeguato le diversificate collezioni civiche in uno spazio architettonico fortemente connotato. I nuovi ampi spazi museali hanno infatti reso possibile innanzitutto l’esposizione di nuclei collezionistici e di opere prima sacrificate o non esposte, a causa degli spazi limitati del Palazzo dei Giuristi, seguendo uno sviluppo, a partire dal primo piano, il più possibile cronologico o per fondi collezionistici, questi ultimi collocati soprattutto nell’ala nord-orientale dell’edificio.

Qui, il visitatore trova la collezione Zambelli con una delle raccolte di porcellane del Settecento più importante del Veneto, la collezione di gioielli Prosdocimi Buzzoli, le matrici xilografiche della tipografia Tissi e, a rotazione, il materiale delle ricche raccolte grafiche del museo, che ora dispone di uno spazio consono per valorizzare sia i notevoli disegni – dall’eccezionale album di Andrea Brustolon ai lavori di Diziani, fino ai fogli di Demin e Paoletti – sia le importanti stampe della collezione, tra le quali ad esempio, il fondo Alpago-Novello (oltre 1400 fogli).

Il percorso del Museo è modulato in base alla natura e alla consistenza, nei diversi periodi, della collezione civica, che sostanzialmente si è formata attraverso donazioni, a partire dalla raccolta di dipinti del medico bellunese Antonio Giampiccoli nel 1872.

Così gli inizi dell’arte bellunese, nel Quattro e Cinquecento, sono testimoniati dall’opera di Simone da Cusighe (compresi due pannelli di un polittico smembrato recentemente acquisiti sul mercato antiquario) e di Matteo Cesa, con l’importante episodio degli affreschi della Caminata, dalle bellissime tavole della fine del Quattrocento (due eccezionali Madonne con il Bambino) di Bartolomeo Montagna uno degli artisti più importanti per la diffusione nella terraferma veneta del linguaggio rinascimentale di Giovanni Bellini e Antonello da Messina, dai lavori di Pomponio Amalteo, Domenico Tintoretto, Bernardino Licinio, Francesco Frigimetica o Palma il Giovane, fino alla raccolta di bronzetti e di plachette di Florio Miari che conserva alcuni degli esemplari più importanti della bronzistica italiana.

Tuttavia è l’arte del Seicento e soprattutto del Sette e Ottocento il cuore delle collezioni della città cantata da Buzzati. Nelle stanze al secondo piano dell’edificio è possibile seguire il racconto di queste stagioni, nel quale non solo sono state messe in evidenza le personalità più importanti ma anche dove sono stati enucleati alcuni temi conduttori nodali per la storia dell’arte a Belluno: il genere del paesaggio, dove Marco Ricci, Antonio Diziani e Giuseppe Zais prima e Ippolito Caffi e Alessandro Seffer poi hanno creato opere di importanza nazionale, il tema dell’intaglio del ligneo e della terracotta preparatoria per tale produzione, che in Andrea Brustolon – ricordato da Honoré di Balzac nel Il cugino Pons (1847) come il Michelangelo del legno – e in Valentino Panciera Besarel vide due esponenti di primo livello; la scultura dell’Ottocento e le tematiche risorgimentali e del ritratto.

Sempre al secondo piano, in una dei corridoi coperti e affacciati sul cortile, per godere al meglio della luce naturale e nel contempo obbligare a quella visione ravvicinata per la quale erano stati pensati, è pure esposta la raccolta di tavolette votive della chiesa di Sant’Andrea, che consente un vero viaggio nel tempo, dal Cinquecento all’Ottocento, nella devozione e nei costumi del popolo Bellunese.

 

Maria Paola Forlani


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