Si chiama calamità naturale un evento che per grandezza dannosità prevedibilità non può essere governato umanamente. Esso può anche essere frequente, ma resta non prevedibile e non evitabile. Di tali eventi si può solo cercare di “ridurre il danno”, a cominciare dal massimo, che è la perdita di vite (umane e animali).
Dopo questa definizione passo a memorie ed esperienze personali. Sono nata molti anni fa a Novara, città nella quale a memoria di generazioni mai si ebbe un terremoto, né i miei trisnonni o bisnonni ne avevano mai sentito uno. Ciononostante alla scuola elementare a me facevano fare esercitazioni antisismiche. E alle nostre personali e familiari obiezioni ci veniva risposto che se un terremoto non c'era mai stato, poteva sempre venire e che da grandi, se ci fossimo magari trasferiti/e a Messina sapere del terremoto sarebbe stato utile. Ineccepibile.
A scuola, appena entravamo ci mostravano il muro maestro dell'edificio e subito dopo quello della classe. Quando veniva il segnale dell'esercitazione dovevamo uscire ordinatamente dai banchi e trascinarli contro il muro maestro a caso, insieme a cattedre armadietti sedili cestini ecc., tutto ammucchiato senza ordine. Appena fatto ciò dovevamo accucciarci sotto il mobilio che sopra di noi, ci poteva proteggere dai crolli, ma soprattutto manteneva un cubo d'aria che ci avrebbe salvato dalla morte per soffocamento. Lì accucciati, con la riga da disegno dovevamo incominciare a battere gridando insieme: “Siamo vivi, siamo qui!” fino a che ci rispondessero. Poi si doveva solo attendere che arrivassero i soccorsi.
Il primo vantaggio di questi esercizi è che ti liberano dal panico perché ti dicono che cosa fare. Non so se in altri paesi sismici ci siano altri comportamenti e se anche in Italia gli esercizi siano diventati più vari: ma fare come facevamo noi è cosa facile utile ed economica.
Voglio fare un'altra osservazione. Chi vive in montagna, quando incomincia a nevicare, non si chiude in casa aspettando che due metri di neve si accumulino davanti alla porta, ma spala, porta fuori sci slittini e ciàspole (racchette da neve), in modo che all'occorrenza si possa uscire e scappare “sopra” la neve, non sotto. Non ho visto una sola persona con gli sci ai piedi e tutti i e le giornaliste intasavano le strade in attesa di spazzaneve e altri pesanti mezzi meccanici che li venissero a prendere: mi sembravano persone che non avevano idea di cosa si potesse fare. Chiedo scusa, non voglio fare la saccente, solo dire che non si affrontano situazioni in sé difficili (la montagna d'inverno) senza avere un qualche addestramento.
Lidia Menapace