Sulla finanziaria non ci sarà dibattito in Senato, proprio perché alla fine il governo ha messo la fiducia. Forse non era necessaria, certo non è stata giocata bene, ma in modo pasticciato e anche un po' ambiguo: non si capisce se qualcuno ha preferito la fiducia perché questo procedimento rallenta e rende più difficili i controlli e dà al governo più potere e anche la possibilità di fare qualche trucco. Non grosse cose, ma interventi su piccoli favori o per soddisfare qualche potente corporazione (i managers pubblici!). L'impianto è liberista, ma questo lo sappiamo, in Europa non c'è un paese con altra impostazione economica, nemmeno la Spagna. I compagni e le compagne si sono molto impegnati per ottenere alcuni emendamenti che sono ben noti (ticket, precari, poligoni di tiro, malattie dipendenti da fonti di inquinamento militari, Tfr): la nostra mira è di ottenere da lì piccole infrazioni e spunti per aprire qualche breccia da allargare nel prossimo anno. Moltissime cose sarebbero da cambiare anche solo per una corretta gestione, per avere testi giuridici comprensibili, correggere procedure farraginose, modificare regolamenti insensati: non si capisce se il paese si sia imbarbarito anche sotto il profilo delle tecniche giuridiche o se la malizia di fare leggi che nessuno capisce sia reale. In ogni modo, poiché non potrò pronunciare il mio intervento lo consegnerò scritto alla presidenza e intanto eccolo qui.
Il gruppo di Rifondazione comunista-Sinistra europea ha fama di grande correttezza nell'Unione, sia per i nostri detrattori e avversari, sia per amici e ammiratori. Ciò specialmente perché siamo molto attaccati alla attuazione del programma e alla convalida del metodo del consenso. Siamo anche significativi quantitativamente, dato che siamo il secondo gruppo dell'Unione.
Programma e metodo decisionale sono assolutamente necessari per tenere insieme un governo di coalizione e farne uno strumento sempre più efficiente e abile. Si tratta infatti di un difficile processo di armonizzazione tra culture, pratiche e fini differenziati, una condizione del resto ineliminabile dal sistema maggioritario e in una società complessa.
Un buon esempio di quanto ho appena affermato è il nostro atteggiamento sulle Unioni civili e loro regolarizzazione. La famiglia continua ad essere ancorata costituzionalmente attraverso l'art. 29, che ne stabilisce natura, definizione e diritti. Le Unioni civili che poggeranno su una legge ordinaria, non costituzionale, hanno il loro riferimento nell'art. 2 della Costituzione. Il provvedimento risponde a una pressione sociale forte e legittima, diffusa e matura. La mediazione trovata nell'interno dell'Unione, legando le richieste delle persone che formano coppie di fatto, all'art. 2 e ai diritti personali, senza ledere minimamente la famiglia, è ora però insidiata da pesanti interventi esterni, della Chiesa. Affronto perciò qui il tema della laicità dello stato non in generale, ma come è stabilito dal Concordato, costituzionalmente ancorato, e in luogo solenne, all'art. 7, uno tra i primi 11 della Costituzione che -come è comunemente ammesso- disegnano il volto, i tratti individuati della repubblica.
Un cardinale si è permesso di dire che legiferare su tale argomento è «un capriccio», espressione assai poco rispettosa e che credo non sarebbe stata pronunciata se invece che da una ministra l'iniziativa fosse stata presa da un ministro. Se il Vaticano non avesse firmato un concordato con l'Italia il cardinale avrebbe anche potuto esprimere la sua misoginia e nessuna considerazione per vicende dolorose e spesso difficili per molte e molte persone: avendo stipulato (e per sua richiesta) un concordato, ad esso il Vaticano è soggetto, non meno né più dello stato italiano. L'art. 7 della Costituzione che il presidente Ciampi citò a Benedetto XVI, quando il papa gli rese visita in Quirinale appena dopo l'elezione, pone stato e chiesa in una precisa distinzione e assoluta parità. Lo stato e la chiesa cattolica sono -ciascuno nel proprio ordine- indipendente e sovrano. La chiesa non dipende dallo stato, lo stato non dipende dalla chiesa, lo stato non comanda sulla chiesa, la chiesa non comanda sullo stato. Il parlamento italiano non si permette di intervenire su sacramenti, confini di parrocchie e diocesi, feste religiose e riti liturgici, concorsi per parroci, nomine di vescovi e cardinali, convocazioni di sinodi e conclavi, processi di beatificazione ecc. ecc., la chiesa non può intervenire autoritativamente su leggi, non può definire se la laicità è sana o no, se la libertà è giusta o no, se l'opinione è seria o capricciosa, non ha potere definitorio sovraordinato. Se vi sono materie miste o che si sovrappongono, i due poteri si consultino con i dovuti modi e nelle dovute forme e discutano alla pari e rispettosamente, ma senza attribuire privilegi di trattamento: se il presidente del consiglio può essere fischiato, come può essere, si possono fare battute e volantini anche sul papa, la satira non è materia assoggettabile a limitazioni, tranne che non sia scurrile e oscena, eventualmente. La prudenza che è una virtù cardinale starebbe bene anche ai cardinali. Reputo offensivo e temerario che uomini di chiesa dicano che leggi italiane sono sciocchezze e crimini, che l'eutanasia è nemica della pace: hanno mai condannato moralmente e pubblicamente chi progetta fabbrica e vende terribili strumenti di morte, bombe cluster, mine antipersona, armi di distruzione di massa? non risulta. Come si permettono di chiamare assassina una che abortisce, nemico della pace Welby, moralmente inaccettabile lo scienziato che studia le staminali? un po' di discrezione via!
E un po' meno di terrorismo ideologico, o almeno rivolto nella stessa direzione percorsa da Gesù Cristo, che non se la prese con l'adultera e stava volentieri in compagnia di persone poco raccomandabili (la samaritana, Maddalena, il pubblicano) e riservava le sue forti rampogne ai mercanti nel tempio, ai farisei che non pagavano le tasse, a chi scandalizzava bambini e bambine. Se ci facessero lezione con esempi evangelici, credo che nessuno si sentirebbe offeso, ciò che non si sopporta è questa scelta neotemporalista. Non si può rimediare alla secolarizzazione usando lo stato italiano come potere sostitutivo, davvero non si può.
Del tutto insoddisfacente, tranne che per uno o due trasferimenti di risorse da armi a usi di pace, tutta la politica della Difesa, pesantissima e contraddittoria con i principali indirizzi di politica internazionale. Qui ho come l'impressione che bisognerebbe potere, almeno concettualmente, azzerare tutto e ricominciare de jure condendo dall'art. 11. Forse ci proverò, qualche proposta mi pare di averla.
Lidia Menapace