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In libreria/ Giuseppina Rando. “Amurusanza” di Rino Cavasino
08 Gennaio 2017
 

Tra i libri ricevuti in dono a Natale, amurusanza ha captato subito il mio interesse e non perché poesia dialettale siciliana, ma per il titolo dal suono antico che mi ha idealmente trasportato nell’ambiente della mia infanzia, resa indelebile proprio dall’amurusanza che allora circolava in modo naturale tanto negli ambienti familiari che nei diversi ambiti nella società.

Amurusanza, oltre che affetto, piccolo dono, pensiero gentile – precisa l’autore Rino Cavasino a pag. 197 – significa anche l’omaggio che il contadino offre «ai suoi più cari, fedeli clienti, qualcosa più del pattuito, in olio frutta ortaggi: così, per antico, radicato affetto, più amurusanza; ugnìritu d’amurusanza: un dito d’amorosanza; gratuità, forse qualcosa insieme di meno e di più dell’amore».

Altri tempi…

Nelle poesie in dialetto siciliano di Rino Cavasino, in realtà, c’è più del sentimento, ci sono “voci” ad alta valenza identitaria radicata ai grandi miti di riferimento dei luoghi, alla città natìa dell’autore, Trapani, ai valori legati alla famiglia, alle tradizioni, all’amore, alla bellezza, al senso dell’onestà, dell’ospitalità, al rispetto per l’amicizia, per gli anziani, per i morti.

 

Il libro apre con Na spìngula c’un parpagghiuni (Uno spillo con una farfalla)

 Scrissi nnâ lingua di me matri, e-mmancu
idda capìu, ma soccu ntisi
cci parsi àrabbu turcu ggirmanisi.
Ogni-llittra, ogni stizza chi-ssazzài,
ch’arricugghivi dâ so ucca,
dâ mia niscìu bbabbeli siccitusa,
mutàngula, orva e-ssurda. Idda
taliàu senz’accanùsciri
un fìgghiu stravïatu,
annïatu, arrivisciutu. Ogni-llittra,
ogni-vvìrgula era
na spìngula c’un parpagghiuni.

 (Scrissi nella lingua di mia madre e neppure
lei capì, ma ciò che ascoltò
le parve arabo turco tedesco.
Ogni lettera, ogni goccia che assaggiai,
che raccolsi dalla sua bocca,
dalla mia uscì babele siccitosa,
mutastra, orba e sorda. Lei
guardò senza riconoscere
un figlio sperduto,
annegato, redivivo. Ogni lettera,
ogni virgola era
uno spillo con una farfalla.)

È la genesi della lingua «ovviamente poetica», scrive Gualtiero De Santi nella prefazione, «distillata dalla natura e delibata dalle labbra materne …esce in forme babeliche e siccitose, mutangole e mutanti, cioè in una semovente metamorficità orva e assurda …che se non è una dichiarazione di poetica pare almeno un’ammissione di tortuosità e ravvolgimenti in reti conosciute prima di smarrirsi in correnti e paesaggi meravigliosi».

Un retaggio culturale e linguistico che rimanda all’oriente, ai miti greci e latini e a tutti quei popoli che nel tempo hanno abitato e dominato l’isola.

Suggestivi motivi paesaggistici come in Venti ri tannnu (Venti d’allora)

 Darrè u munti ammucchiata

appinnulata nno sdirupu a mmari,

mpaci si curva l’ùmmiri

aturri saracina, arch’i Nuè,venti ri tannu, verri

lassati in tririci

 (Dietro il monte nascosta,

a penzoloni sul dirupo a mare,

in pace si cova le ombre

la torre saracena, arcobaleni,

venti d’allora, guerre

lasciate in asso.)

si accompagnano a quelli campanilistici, sentimentali, satirico-umoristici o moraleggianti che nel loro insieme danno uno spaccato sociologico vivace nei suoi strati popolari o piccolo borghesi di oggi e di ieri.

Versi arditi, sapientemente costruiti, che lasciano intravedere stratificazioni linguistiche a testimonianza della travagliata storia del popolo siciliano che, venuto a contatto con le diverse civiltà mediterranee, accogliendole in sé le ha assimilate, pur senza mai perdere la caratteristica individualità del “tipo siciliano”.

 

Vincitore del Premio “Salvo Basso 2016”, Rino Cavasino con Amurusanza se per un verso riconduce il lettore alla classicità che l’antica Trinacria conobbe nel suo passato remoto, dall’altro dà la percezione che il nascere e il morire altro non sia che il congiungersi e disgiungersi di tutto.

Un testo indicativo della positiva voglia di “esserci” in un “dire” sempre espressione della cultura isolana e locale, di un “verbo” umile, ma umano.

 

Giuseppina Rando

 

 

Rino Cavasino è nato a Trapani nel 1972. Ha studiato ad Urbino e lavora a Firenze nella Galleria degli Uffizi. Collabora con l’Istituto nazionale di ricerche “Demopolis”. Nel 2013 ha pubblicato Il tempestarlo (premio “Navile” del comune di Bologna per l’inedito e premio “Elena Violani Landi” per l’opera prima, a cura del Centro di poesia contemporanea dell’Università di Bologna).

 

 

Rino Cavasino, Amurusanza. Poesie

Coazinzola Press, 2016, € 16,00


 
 
 
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