Con il grido che dal fondo si leva ci consegna alla pena la natura
Nell’indurci ad accogliere ciò che viene alla conoscenza
Al fine di svelare quanto si sottrae solitamente allo sguardo
Lasciando appena intravvedere le più lontane stelle
Per non esporre alla cecità l’essere umano
Alla cui vista è insopportabile persino la terra
Che di ombra e poca luce è fatta
A causa dell’ostinato levarsi delle tenebre
Se non proprio dell’annientamento cui porta lo sprofondare
Sempre di nuovo si ripete l’ascensione al cielo
In omaggio all’anima che in terra si distende
Sullo sfondo originario cui l’umano vivente si sottrae
Mettendo senza una parola il sacro recinto a soqquadro.
(Da: Flavio Ermini, Il giardino conteso. L’essere e l’ingannevole apparire,
Moretti&Vitali, 2016, pp. 244, € 18,00)
»» Su YouTube Video “Salotto Carocci con Flavio Ermini”
del 13 dicembre 2016 su Il giardino conteso