Anche se non mancano numerosi manifesti che presentano e spiegano il teatro futurista e le sue rappresentazioni, Marinetti ne aveva già anticipato i temi nel 1905, mettendo in scena Le Roi Bombance, tragedia satirica di carattere epico–allegorico nella quale venivano poste in discussione tutte le certezze del passato mentre con Pouée Eletriques, rappresentata nel 1909, l’autore sperimentava il genere del dramma borghese inserendovi il tema del “doppio” (i due robot infatti sono gli alter-ego dei protagonisti).
La scrittura antinaturalista di questi due drammi e la forza immaginativa dell’autore annunciavano le soluzioni formaliste sperimentate dal futurismo a teatro.
L’inizio della vera e propria attività teatrale futurista si ha nel 1910, con la prima delle tumultuose “serate futuriste” che si svolge a Trieste il 2 gennaio. Questi meeting/performances consistono principalmente nell’unione di arte, propaganda e provocazione: la recita di poesie, le esibizioni musicali, la presentazione di quadri e la lettura di manifesti si intrecciano alle reazioni violente del pubblico, istigato e invitato alla partecipazione attiva dagli stessi artisti futuristi tramite provocazioni.
Con il Manifesto del Teatro di Varietà, Marinetti individua la necessità di inventare nuovi elementi di stupore e di modernità. Il Varietà, avvalendosi di simultaneità, rapidità e destrezza, appare all’autore come il regno naturale del futurista.
Se nel primo futurismo l’attività spettacolare appare all’insegna della frantumazione e dell’irraggiamento, a partire dal Manifesto Il teatro futurista sintetico del 1915 si pongono i fondamenti di un nuovo genere teatrale: la sintesi drammatica, attuata tramite la stesura di composizioni drammatiche brevissime in grado di «stringere a pochi minuti, in poche parole e in pochi gesti innumerevoli situazioni, sensibilità, idee e simboli» (citazione da Il Teatro futurista sintetico).
Lo splendido spettacolo di danza presentato il 13 dicembre 2016 al Teatro Comunale Claudio Abbado di Ferrara Uccidiamo il chiaro di luna di Silvana Barbarini ha promosso uno degli eventi più originali della stagione.
Questo recupero dello spettacolo futurista decollò alla scuola “Paolo Grassi”, nel 1997, allora solo atelier e oggi Corso di Teatrodanza. Silvana Barbarini era stata allieva di Giannina Censi unica danzatrice futurista, scoperta da Filippo Tommaso Marinetti, quando, appena sedicenne, danzava i versi del poeta comasco Escodamè e del “parolibero” Gioia e nel 1931 la Sinfonia aerea del compositore Pick Mangiagalli. In lei – ex ballerina sulle punte, stanca dell’accademia – Marinetti intravvide subito l’ideale corpo della sua Danza dell’aviatrice e forse non a caso. Giannina, ebbe Rosina Ferrario come zia materna, la prima donna dell’aviazione italiana e tra il 1929 e il 1930 si era affiancata al celebre aviatore Mario De Bernardi per spericolati voli acrobatici. Nel novembre 1931, durante l’inaugurazione della Mostra di aereopittura e scenografia futurista alla Galleria Lino Pesaro di Milano, la Censi si esibì in un alluminico costume “balneare futurista”, firmato da Enrico Prampolini, mentre, dietro le quinte declamava il suo A mille metri su Adrianopoli bombardata e Serie di seconde parti di immagine aviatorie. Fu uno shock per il pubblico e per la critica entrambi reagirono lanciando ortaggi e improperi, e l’areodanza, idea originalissima del Futurismo, non ebbe seguito se non nel 1979 allorchè la Barbarini, con Alessandra Manari (altra giovanissima allieva della Censi) decise di ricomporre liberamente l’esperienza della loro insegnante, e sotto i suoi occhi vigili. Nacque un evento importante nella storia della danza contemporanea italiana SiioVlummia-Torrente. Da allora una serie di nuovi spettacoli neofuturisti, ispirati a materiali storici di poeti, artisti visivi e musicisti del movimento marinettiano, furono allestiti ancora dalla Barbarini.
Solo alla scuola “Paolo Grassi”, nel 1997, il progetto prese tuttavia corpo e Uccidiamo il chiaro di luna di Silvana Barbarini iniziò un percorso importante che mise in luce le potenzialità inespresse dell’idea di danza futurista.
Oggi riproposto, perché parte del cospicuo bagaglio di creazioni e progetti non convenzionali del Corso di Teatrodanza della “Paolo Grassi”, Uccidiamo il chiaro di luna nell’interpretazione dei neo diplomati della Scuola “Paolo Grassi” ha conquistato una nuova freschezza e vivacità. Spettacolo dunque in cui il futurismo riaffiora nelle scene ricostruite, nelle musiche e nella declamazione di versi di Marinetti registrati dall’autore stesso.
Maria Paola Forlani