Affermare che la parola «filosofia» vuol dire «amore del sapere» (da philo che sta per «amicizia» e sophia che sarebbe la «conoscenza» in greco antico) non ci aiuta molto. E questa particolare definizione etimologica non ci aiuta molto perché essa non descrive esattamente l’operare della «filosofia». Come è nata la «filosofia»? Per capire che cosa un determinato oggetto è dobbiamo capirne in maniera rilevante le cause. La «filosofia» nasce dal distacco, parlando in termini tecnici, che si verificò rispetto al mithos del logos. Ovvero da principio il modo di ragionare e di argomentare degli abitanti dell’ellade era quello mitico: si credeva in narrazioni fantastiche di avvenimenti leggendari popolati e vissuti da personaggi favolosi. La «filosofia», con l’atto stesso della sua nascita, si distacca da tutto questo.
Come spiegazione del mondo e delle cose si privilegiava, prima dell’avvento della disciplina il cui nome lo si deve a Pitagora di Samo (egli fu il primo ad applicare il termine «filosofo» per rendere conto del proprio operato, per specificare agli altri quello che stava facendo e quali erano gli interessi che lo muovevano), la narrazione del mithos: Apollo, Zeus, Prometeo, con le loro gesta, giustificavano tutto il reale. Con la nascita della «filosofia» prende l’avvio un modo di comportarsi e di argomentare che privilegia il logos: ovvero la spiegazione razionale delle cose. Ma allora, verrebbe da dire, siamo dalle parti della scienza. Anche la scienza spiega, per sua natura, in maniera razionale le cose. No. In realtà la «filosofia» si interroga sulle cose, con metodo razionale, ma non tende a una spiegazione meccanicistica o positivistica delle stesse. Non tende a scomporle nei loro più ultimi elementi. Non tende a ricercarne le cause per vedere come esse sono fatte e da che cosa sono composte. La «filosofia» indaga le cose (lo ripetiamo: con metodo razionale) per giungere a una spiegazione che non è mai completa delle stesse. La «filosofia» non ha la pretesa dell’esaustività: essa è ricerca continua («Una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta», sono le parole di Socrate). E questa ricerca continua e infinita investa tanto il mondo quanto l’uomo. E questa ricerca continua, condotta con metodo afferente al logos, non ha la pretesa di sommarsi alle ricerche precedenti, in ambito filosofico, che sono state compiute (come farebbe la ricerca scientifica). Infatti ogni singolo «filosofo» non amplia la speculazione precedente partendo dal punto dove il suo ultimo collega si era fermato. E nemmeno produce una verità assoluta. La «filosofia», in questo senso, è un tentativo di dare senso al tutto che prescinde da tutti gli altri tentativi, filosofici, che hanno cercato di dare senso al tutto. È ricerca infinita condotta con metodo razionale che cerca di rispondere a determinate domande senza nessuna pretesa che quelle risposte che esse darà possano essere vere.
Dunque verrebbe a questo punto da chiederci: ha senso la «filosofia»? Il suo significato è da ricercarsi, a mio giudizio, nello stesso interrogare che la guida. Accettare e vivere nel mondo è una cosa, ma chiedersi «perché il mondo è cosi?» è tutt’altra cosa. Chiedersi «Perché le cose sono così?» rende la vita più interessante, rende il nostro percorso nei meandri della storia e delle cose che popolano il mondo meno tortuoso, ci chiarisce le idee. Fare «filosofia» vuole dire confidare che qualche piccolo spiraglio di luce si può intravedere all’interno della complessità della vita che viviamo.
Gianfranco Cordì