–Buon week-end– mi ha detto l’usciere della palestra Bobadilla alle 10 di venerdì 25 novembre 2011 in risposta al mio –buona giornata–. Non dico mai ‘buon giorno’ perché non suscita reazioni consapevoli, seppellito dall’abitudine.
Come saprete, io coltivo l’etimo delle parole.
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Così, la parola giorno radica nel lat. parl. diurnu,1 diurno it., aggettivo che mi avrebbe agevolato la ricerca filologica del nome di Dio, che riconoscevo facile nell’avv. diu, ‘lungamente’. Il lettore comincerà ad abituarsi alla migrazione interlingua delle parole che non rispettano le partizioni delle categorie grammaticali.
Giorno sostantivo radica in dies, diei…die –in abl., caso preferito dall’etimologia–.
di.e = zum. ‘cuore (-e) -di- Dio (di)’. Giustificato da digir/dingir:
digir, dingir
god, deity; determinative for divine beings (di, ‘decision’, + gar, ‘to deliver’ –meglio: di, dio, gir, ‘fuoco, luce, g, andare, via, -ir’ e di, dio, in, entra, gir, fuoco andare; il dio può andare senza entrare ad indeizzare, digir, e può andare dentro nell’animizzato per portare il suo me, la sua parola).2
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Potrei dirvi: –Buon anno!– davanti al nuovo anno liturgico che comincia domenica 27, prima d’Avvento.
Mi viene in mente la Veritatis splendor, la lettera enciclica di papa Giovanni Paolo II, firmata il 6 agosto 1993: “Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?”. Era stato un giovane ricco a proporre la domanda a Gesù. Egli rispose: “Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti”.
Aldilà dei problemi etici e religiosi, osservate ora la parola bu.ono: congiunge bu + unu.
bu (-bu) –i
n., knowledge, awareness; shoot, scion, offspring (Akk., edutu, nipru).
v., to grasp, clench; to sprout (cf., bur12/bu; bul(5)/bu(5))3.
bun(2); bu(7)
n., lamp, light; blister; bag-type of bellows; rebellion (holows container + nu11, ‘lamp’?).
v., to be swollen; to blow; to ignite, kindle; to shine brightly (cf., bul, to blow; to ignite’).4
bul/5); bu(5)
to blow; to winnow; to ignite; to sprout (onomatopeic; cf., ul7, ‘to sprout’).5
unug(2), unu(2)
dwelling; dining or banquet hall; fortress; jewelry, adornment; cheek; the city of Uruk (uga3/un, ‘people’, + ig, ‘door’) [UNUG archaic frequency]. [Halloran 299].
Il popolo della città di Uruk a banchetto è unu, mentre bu è il lampo contenitore del nu, da leggere a circolo unu, significativo di ‘immagine’:
nu
image, likeness, pitcure, figurine, statue [NU archaic frequency].6
Resta da vedere il fatto più curioso nel nome zumero di Gesù:
gesh2,3,4, gish2,3, ges2,3,4
sixty (cf., gesta –vel tagesh nds).7
geshbu, gespu, gesba, gespa
bow; boomerang; throw-stick (gish, ‘tool’, shub, ‘to cast, throw’, + nominative a; ending reflects vowel harmony prior to vowel contraction).7
geshbu2, geshpu2 [SU.DIM4]
fist(s); hook; handle; grappling hook for a wrestler; wrestling (often linked with lirum3, ‘athletics’) (gish, ‘wooden tool’, + bu(4), ‘to pull, draw’).7
gesta, ges2, gis2 [DIS]; gesh3,4, gish3
sixty (cf., ge –es – tu, ‘six hundred’, and ni –gi –da, ‘thing of sixty’; read instead (?) gesta, ges2, gis2, cf., igi-se3…du, ‘to walk in front of, Akk., igistu, gestu, ‘very first, leading’; gistu4, ‘(writing) board’; Sum., igistu, gestu4 [IGI.DU]; cf., ugula-ges2-da, ‘officer in charge of sixty men’; Akk., susi, ‘sixty’).7
Carlo Forin
1 Lo Zingarelli’98.
2 John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Logogram Publishing, Los Angeles, 2006: 43.
3 Ivi: 34.
4 Ivi: 35.
5 Ivi: 34.
6 Ivi: 208.
7 Ivi: 97.