Una potenza plastica con pochi eguali. L'uso dei materiali più disparati, compresi quelli organici, con il sapore antico della modellazione, a comporre opere, sia singole che in serie e sequenze, monumentali, vive, sofferenti, parlanti. La capacità di sorprendere con semplicità, di saper dialogare con lo spettatore/visitatore itinerante. La mostra locarnese in Casa Rusca dedicata a Javier Marín (di Uruapan, Michoacán) non poteva trovare una cornice migliore, felicemente complice l'intelligente e prezioso allestimento di Mario Botta.
Marín, 54 anni, è il più importante scultore messicano vivente e ha esposto sculture e installazioni in ogni luogo del pianeta. Un faber michelangiolesco nei volumi, nelle masse che si stagliano nello spazio colmandolo, quasi dolorosamente ritagliandolo e scavandolo, e pure intriso di quella magnifica tensione e proiezione altrove che si rinviene nella miglior arte contemporanea. Qualcuno l'ha definito barocco, di certo è rintracciabile un'impronta autoctona, sebbene un artista si nutra di più influenze, istanze ed elementi, ricomponendoli nella propria fatica e genesi (che sia contaminazione la parola chiave?).
Schivo nel suo lavoro di ricerca, e sperimentatore non fine a sé stesso, il dialogo con la fibra che Marín lavora e manipola, che assembla e ricrea – che sia terra, resina, ferro, bronzo e altro ancora – contraddistingue il suo agire, il suo essere artista e artigiano eccelso, da bottega rinascimentale, donando emozioni a chi ha la ventura di trascorrere fra i suoi meravigliosi manufatti e sculture.
Corpi sospesi e ondeggianti nel vuoto, metafore della provvisorietà esistenziale. Parti anatomiche in gigantesco rilievo, come il cammino filosofico dal particolare all'universale, e non è una deformazione grottesca, bensì un'indagine nel profondo, sull'essenza, fra quotidianità sconosciute e non riconosciute, carnale afflato verso l'assoluto. Equilibri precari in gruppi compositi, come la folla dei pensieri che s'affastellano nella mente individuale e nella coscienza collettiva (le passioni fisiche versus il mondo delle idee? O la loro sintesi e coniugazione in un ordine armonico?).
Javier Marín è artista di ampi spazi; difatti gran parte delle sue opere può collocarsi – ed è stato fatto – in piazze a agorà, stimolo e suggestione, ma il percorso tracciato in Casa Rusca, in ambienti di più limitata dimensione, non ne penalizza tuttavia il vasto respiro; semmai il contrasto, in tal caso, ha arricchito. Formidabile la malia che si ricava dalla vista – una sorta di cinematografia – della cinquantina di opere esposte: dalla Cabeza de hombre barbudo (1997, resina poliestere, 140 x 90 x 66 cm) a Por aquí por aquí (1995, terrecotte di Zacatecas e Oaxaca con engobbio, 145 x 70 x 46 cm); dalla medusesca Cabeza sin Moño 08 (2008, resina poliestere con tabacco da fiuto e bronzo, 180 x 98 x 70 cm) a Relieves cuadrados (2003) e Hombrecitos y mujercitas (2000) che, obliqui e orizzontali, spiazzano orientamento e osservazione; dai Barbudos (2005) con la fronte incisa da un segno di vita/morte alle figure del Grupo L 1012 (2016, resina poliestere e filo di ferro, 188 x 196 x 45 cm) che sporgono e fuoriescono in un contraddittorio disordine, fra il trattenuto e il cosmico. E, ancora, la Mujer Horizontal Grande (Cielo, Tierra), la Cabeza de mujer (2v) (2015, resina poliestere con semi di amaranto, 150 x 102 x 69 cm), l'inquietante e, a suo modo, angelica Mujer suspendida (2v) (2015, resina poliestere, oro falso e pittura dorata, 231 x 65 x 52 cm) che giace in aria, fra oscillazione, immobilità e volo silenzioso, fra ombra e impressione.
«Il fulcro della poetica di Marín è rappresentato dal corpo umano. L’artista dialoga costantemente con la figura, maschile e femminile, nuda, imponente, disarticolata, scomposta, contorta, lacerata e trafitta, smembrata e riassemblata, altamente drammatica. Nel suo porsi in maniera innovativa nel panorama artistico contemporaneo, non mancano tuttavia richiami all’arte antica, ma anche all’opera di Michelangelo, Cellini e Rodin, rielaborati con immagini e soggetti propri della cultura della sua terra d’origine. Meditative o agitate, le sue figure sviluppano la tematica della corporeità come testimonianza, come fardello della condizione umana. Il movimento, che sembra sempre in procinto di animare le sue sculture, genera nell’osservatore uno stato di continua allerta e imprevedibilità. Lo spettatore è stimolato ad affrancarsi dalla contemplazione passiva, a riflettere, a porsi delle domande, a partecipare attivamente e a rapportarsi con l’opera e lo spazio circostante». Come il trascorrere nei tormentati e sorprendenti giorni del nostro esistere.
Alberto Figliolia
Javier Marín, a cura di Rudy Chiappini. Sino all'8 gennaio 2017. Pinacoteca Comunale Casa Rusca, Piazza Sant'Antonio, Locarno (CH).
Orari: martedì-domenica 10-12/14-17, lunedì chiuso.
Info e prenotazioni: Tel. +41 (0)917563185/70; servizi.culturali@locarno.ch; www.museocasarusca.ch e www.locarno.ch.
Prefazione dal catalogo
Il valore dell’offerta espositiva di un museo è determinata in primo luogo dalla qualità delle mostre, ma al tempo stesso risulta da un sapiente alternarsi di proposte in grado di toccare le corde delle varie sensibilità attraverso scelte diversificate a livello di contenuti e dal punto di vista dei linguaggi.
Se da una parte è quindi doveroso asserire determinati valori condivisi e riconosciuti, dall’altra non bisogna aver timore di osare, di percorrere nuovi territori, meno scontati, dove al visitatore è richiesta una forte partecipazione emotiva, la disponibilità a lasciarsi stupire, a produrre uno sforzo mentale per andare oltre l’apparenza dell’immagine e penetrare un mondo che imprigiona e rivela pensieri e azioni dell’uomo.
La Pinacoteca Casa Rusca con la mostra dedicata a Javier Marín ha operato una scelta coraggiosa presentando l’opera di un artista dalla straordinaria forza espressiva, estraneo ai movimenti che fanno tendenza.
Le opere di Javier Marín, uno dei maggiori scultori della scena contemporanea internazionale, riconsegnano all’uomo un ruolo di centralità. Per loro insita caratteristica le sue figure ferite e lacerate, e proprio per questo straordinariamente vere, ambiscono a stabilire un rapporto dialettico con la gente alla quale si rivolgono, attraverso un linguaggio diretto, di immediato riscontro, di grande fascino.
Come pochi altri artisti del nostro tempo egli riesce a trasmettere attraverso i suoi lavori una tensione vitale e un’aurea di contemporaneità che li avvicina a tutti noi.
In quest’ottica la rassegna locarnese mette in luce come lo scultore messicano abbia contribuito ad ampliare gli orizzonti della tradizione figurativa attraverso immagini emblematiche e angosciose, specchio di un’epoca come la nostra profondamente segnata da incertezze, tensioni e conflitti.
La Pinacoteca Casa Rusca è perciò orgogliosa di essere riuscita a realizzare questa importante iniziativa espositiva e si augura che questa soddisfazione possa essere condivisa da tutti coloro i quali si avvicinano all’arte senza pregiudizi, alla ricerca di una personale emozione.
Rudy Chiappini, Direttore Musei Città di Locarno
Illustrazioni in allegato:
1. Cabeza sin Moño 08, 2008 - Resina poliestere con tabacco da fiuto e bronzo
180 x 98 x 70 cm © 2016 Enrico Cano
2. Barbudo I-VII, 2005 - Resina poliestere con fibre naturali (carne essiccata)
ca. 140 x 75 x 80 cm (ciascun pezzo) © 2016 Enrico Cano
3. ‘Hombre varilla I’, 2007 | ‘Mujer varillas’, 2007
© 2016 Enrico Cano
4. Ritratto fotografico di Javier Marín
© Archivio Javier Marín / Foto: Armando Canto