Se, come mi suggerisce la coscienza, voto "No" al Referendum sulla Revisione costituzionale, mi rendo corresponsabile della catastrofe cosmica che, secondo i fautori del Sì, seguirebbe alla eventuale sconfitta del premier Renzi?
La sorte di Cameron dopo la Brexit e soprattutto l'elezione di Trump negli USA sollevano un nugolo di domande tra gli esperti, i quali ci preavvisano che le politiche del neo-presidente americano influiranno non poco sulla nostra vita, enfatizzando le ricadute negative già innescatesi con l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea.
L'effetto Trump peggiorerà, nei paesi europei, il rapporto di sfiducia delle masse verso le élites. Il consenso dei più, su cui poggia la legittimazione materiale di un sistema, sta sempre in una certa tensione con la legittimazione valoriale, che poggia sul rispetto dei diritti di tutti e di ciascuno. È compito delle élites armonizzare questa tensione grazie a politiche sociali di pace, perequazione e piena occupazione. Chi l'ha viste?
Negli ultimi trent'anni su ogni politica sociale è gravato l'interdetto neoliberista che ci ha condotti alla guerra, alla sperequazione e alla disoccupazione di massa, favorendo per altro un trasferimento di ricchezza dal basso all'alto che non conosce precedenti storici. Avanza a gran passo la crisi populista, cioè appunto la contrapposizione, per non dire l'aperta ostilità, del consenso di massa verso i fondamenti valoriali di uno Stato di diritto.
Collocandosi ambiguamente all'interno di questa tendenza imboccata dall'Occidente dopo la caduta del Muro di Berlino, il nuovo presidente USA ha annunciato di voler avviare un vastissimo programma di opere pubbliche volto a ridurre la disoccupazione e ad aumentare i redditi medi nel suo paese. Parallelamente a ciò, il nuovo inquilino della Casa Bianca intenderebbe ridurre la pressione fiscale, anche sui redditi superiori e sui grandi patrimoni.
Conseguenza prevedibile: un aumento del già elevato debito pubblico americano; ciò che potrebbe indurre una crisi di disincanto tra gli investitori con l'effetto che, nei prossimi anni, farsi prestare soldi comporterà tassi più elevati. Quanto all'Italia, per ora c'è la Bce di Draghi, che agevola l'acquisto massiccio di buoni del tesoro, ma già si stagliano all'orizzonte le prime avvisaglie di tempesta sul fronte dello spread.
In secondo luogo, la nuova Amministrazione americana tenderà a risparmiare un po' di soldi propri sul bilancio delle spese militari, ma ben guardandosi dal danneggiare la propria industria di settore: chiederà agli alleati di mettere mano al portafoglio contribuendo maggiormente alla salvaguardia dell'Occidente. E questo significa: più truppe e più acquisti di armamenti dall'Europa.
Insomma, l'Europa dovrà “assumere le proprie responsabilità in tema di difesa comune”, come si suol dire. Qualunque cosa ciò significhi nei vari “teatri strategici”, alcuni noti altri meno noti, qui si parla in sostanza di mandare altri nostri ragazzi a rischiare la vita da qualche parte nel mondo con il nobile scopo di ammazzare i nemici dell'Occidente.
Non sarebbe meglio mandare le ragazze e i ragazzi in giro per il vecchio Continente a imparare cose utili e a fare cose utili, nel quadro di un grande progetto pacifico di Servizio Civile Europeo?
Per l'Italia repubblicana il criterio d'intervento militare è dato dalla Costituzione, abbastanza chiara in materia: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Così l’articolo 11, approvato dalla Assemblea Costituente con consenso praticamente unanime. Lo scopo della Repubblica è, dunque, contribuire alla pace e alla giustizia tra le nazioni, rifiutando in linea di principio l'uso delle armi.
Ed eccoci di nuovo al tema della Costituzione.
La proposta di Revisione Renzi-Boschi, che modificherebbe la Carta in numerosi punti, ha spaccato il Paese in due, e il No sembra prevalere sul Sì. Gli evidenti anelli deboli della Revisione corrispondono soprattutto alla mancanza di contrappesi democratici rispetto allo strapotere di una “maggioranza” parlamentare che è tale in forza di una legge elettorale iniqua, il cosiddetto Italicum, tuttora vigente e troppo somigliante al cosiddetto Porcellum, giudicato incostituzionale dalla Consulta nel gennaio del 2014.
Ormai, i principali argomenti a favore del Sì riguardano il fatto che – se prevalesse il No – si creerebbe una fase d'instabilità politica in seguito all'eventuale sconfitta del Premier Renzi.
Quello per il Sì è, insomma, anzitutto un argumentum ad personam, dal quale si fanno discendere conseguenze di vasta portata storica e geopolitica.
Che ne sarà di Renzi se vincerà il No? Non ci sarà la scissione del PD? Non indeboliremo il braccio di ferro con la Commissione di Bruxelles sulla “crescita”? Lo spread non schizzerà alle stelle? La Repubblica Italiana non si avvierà verso la bancarotta del debito? Il populismo non prevarrà ovunque, e anche da noi, conducendoci tutti a una nuova catastrofe storica?
Queste domande, poco serene, diffuse a piene mani dalla propaganda filo-renziana, implicano a ben vedere che gli equilibri cosmici risulterebbero già a tal punto compromessi da potersi irrimediabilmente deteriorare in caso di semplice mantenimento della Costituzione come l'abbiamo avuta finora negli ultimi settant'anni.
Tesi del tutto improbabile.
Ma se gli equilibri del globo terraqueo fossero davvero così precari?! In tal caso, credetemi, mi sentirei meglio tutelato dalla Carta come è stata scritta dall'Assemblea Costituente, cioè da gente che aveva esperienza di che cos'è una grande tempesta in mare aperto, gente che a proprie spese aveva dovuto imparare a riflettere sull'importanza dei freni per la prevenzione di una crisi di civiltà.
Questa Revisione metterebbe invece nella Carta cose che addirittura accelerano (!) la velocità legislativa, che ledono seriamente l'indipendenza del Parlamento rispetto all'Esecutivo (soprattutto a legge elettorale vigente) e che sminuiscono le alte funzioni di garanzia attribuite alla Consulta e al Capo dello Stato.
Andrea Ermano
(da L'avvenire dei lavoratori, 17 novembre 2016)
Illustrazione. Le 21 “Madri Costituenti” in un servizio giornalistico dell'epoca: Adele Bei, Bianca Bianchi, Laura Bianchini, Elisabetta Conci, Filomena Delli Castelli, Maria De Unterrichter Jervolino, Maria Federici, Nadia Gallico Spano, Angela Gotelli, Angela M. Guidi Cingolani, Nilde Iotti, Teresa Mattei, Angelina Livia Merlin, Angiola Minelle, Rita Montagnana Togliatti, Teresa Noce Longo, Ottavia Penna Buscemi, Elettra Pollastrini, Maria Maddalena Rossi, Maria Nicotra Fiorini, Vittoria Titomanlio.