La letteratura e più in generale la cultura possono dare un contributo efficace all’integrazione? Molti, fra cui numerosi politici, pensano di no e si affannano a diffondere disinformazione e calunnie per ottenere consensi, consapevoli che la paura è un sentimento irrazionale che spinge le persone meno avvedute verso modelli di “forza”, convinte di ottenere così protezione e sicurezza. Secondo questa formula, che promuove odio e intolleranza, il migrante, il profugo, il diverso sono spauracchi che attentano alla felicità della “brava gente”, con le loro singolari tradizioni e abitudini. Chi è povero, poi, e magari senzatetto, è trasformato nel baubau delle favole, “uomo nero” che si cela nell’ombra, in perenne agguato, in attesa di colpire.
Sabato 19 novembre dalle 11 presso il Museo delle Culture (MUDEC) di Milano (MM Porta Genova) si terrà un evento che esprime la verità su questo delicato argomento: una città multietnica non è una città detinata al caos, ma è invece un luogo pieno di fermenti culturali e sociali, un punto di incontro e sinergia fra culture diverse, che possono arricchirsi l’una con l’altra. L’incontro, che fa parte dell’iniziativa Bookcity 2016, ha un tema accattivante e interessante: “Storia e storie di Milano, città multietnica”. È promosso e patrocinato dal Comune di Milano e dalle Fondazioni Corriere della Sera, Giangiacomo Feltrinelli, Umberto ed Elisabella Mauri, Arnoldo e Umberto Mondadori. Gli autori Donatella Ferrario e Fabrizio Pesoli presenteranno il loro recente libro Milano multietnica (Meravigli Edizioni), mentre interverranno, con loro, María Gabriela Vera Basurto, Paolo Branca, Alessandro Cheung, Diana De Marchi, Davide Demichelis, Steed Gamero, Elienor Llanes Castillo, Violeta Popescu, il Coro Multietnico Mediolanum diretto da Carlos Verduga Rivera e Anna Scavuzzo.
Durante la mattinata il giovane poeta e difensore dei dritti umani italoperuviano Steed Gamero leggerà, accompagnato dal violino del maestro Giampaolo Verga, alcune poesie dal suo libro I ragazzi della Casa del Sole, un’opera in italiano e spagnolo che ha ricevuto oltre dieci premi letterari nazionali e internazionali. Il poeta rappresenta perfettamente i valori e i caratteri della nuova cultura multietnica: alla sua vicenda è dedicato un capitolo del libro di Donatella Ferrario e Fabrizio Pesoli, un’opera che parla di Milano e delle culture che interagiscono nel capoluogo lombardo, consentendo al lettore di incontare e conoscere i nuovi milanesi: gli immigrati che, ormai da diverse generazioni, hanno intrecciato la loro cultura di origine con quella della società che li ha accolti.
«Sono partito da Lima verso Milano all’età di undici anni, nel mese di maggio del 1999», ricorda Steed Gamero. «Salendo sulla scala dell’aereo sentivo il magone: mi rendevo conto che l’infanzia in Perù, nella grande casa dei nonni, terminava. Andavo a raggiungere i miei genitori, che si erano trasferiti in Italia nel 1994. Papà e mamma, che in cinque anni erano potuti venire a trovarmi in Perù in una sola occasione, per un breve periodo, ma che sentivo spesso al telefono, mi avevano parlato tanto di Milano, la città del Duomo, la grande chiesa dalle cento e più guglie. Desideravo riabbracciarli e vedere la mia famiglia ancora unita, ma a bordo del grande jet avevo gli occhi pieni di lacrime, perché abbandonavo il nido in cui ero cresciuto e il mio primo volo mi conduceva verso l'ignoto. Ero partito in una giornata nuvolosa e atterravo sotto un cielo di un azzurro così intenso che non avevo mai visto. Quando ho iniziato a frequentare le medie, ho notato sùbito una differenza rispetto alla scuola peruviana. A Lima gli studenti indossano divise che li rendono simili uno all'altro, mentre in Italia i ragazzi vestono secondo le loro possibilità e il loro gusto. Nei primi anni ho fatto amicizia con coetanei di diverse nazionalità. Ho amato fin dai primi giorni a Milano la lingua italiana, che ha un bel ritmo, una musicalità armoniosa».
Successivamente il ragazzo è cresciuto e ha fatto proprio il ritmo della lingua italiana, con cui ha scritto le poesie che ottengono tanti riconoscimenti e risuonano nei consolati e nel corso dei numerosi festival internazionali cui l’autore è invitato. Sono poesie che raccontano le difficoltà di tanti giovani attraverso le vicende di un gruppo di adolescenti che non si arrendono mai e di fronte alla durezza della vita sognano di avere quei “superpoteri” che possano consentire loro di assorbire senza danni gli effetti dell’emarginazione e di volare sempre più i alto, verso un cielo che si chiama speranza.
Roberto Malini
Nella foto in allegato: Genova, Palazzo Ducale, 22 ottobre 2016. Steed Gamero riceve il Premio Progetto “la ragazza di Benin City” per l’eccellenza del suo lavoro letterario e l’impegno umanitario.