Il sottotitolo “Il più vecchio di quei maestri aveva sedici anni” è una frase ripresa dal volume Lettera a una professoressa (1967: p. 12) della Scuola di Barbiana (1956-1968), un classico della letteratura pedagogica contemporanea. Libro di denuncia e di resurrezione nel quale il microfono passa a chi era solito tacere. Nessuna rassegnazione davanti all’ingiustizia di un sistema scolastico che sui ragazzi che perde non prova malessere e che mette i poveri in condizione di non proseguire negli studi. È uno dei libri più tradotti all’estero. Solo per citarne alcune, ricordiamo le traduzioni nelle lingue: francese, inglese, tedesco, spagnolo, maltese, turco, cinese e molte altre sono in corso. Tra poco festeggerà il suo mezzo secolo di via. Nata nella mente e nell’azione di don Lorenzo Milani (1923-1967), Priore di Barbiana dal 1954, questa Scuola è costantemente presente nel percorso formativo dei giovani insegnanti che, per circostanze diverse, si avvicinano a una realtà della quale apprendono sia i fondamenti radicati nel Vangelo e nella Costituzione, sia le pratiche d’insegnamento divenute lezione attraverso il tempo, oltre lo spazio nel quale essa ha avuto origine. Sappiamo che ci sono esempi di scuola fuori dell’Italia che si ispirano a Barbiana. Sono realizzazioni importanti in Spagna e in Cina sostenute da chi ha conosciuto don Milani e da chi ha trovato nel suo insegnamento le ragioni per un improcrastinabile impegno politico, come dire da chi adotta le vie della democrazia con azioni di non violenza, di disobbedienza civile, di giustizia sociale. Anche in questo contesto Gandhi è il Maestro di spirito per eccellenza.
Un gruppo di studenti del Corso di laurea in Scienze della formazione primaria dell’Università Roma Tre ha deciso di andare a vedere di persona la Scuola, proprio nel giorno in cui ricordavamo l’alluvione di Firenze di cinquant’anni fa, il 4 novembre 2016. Le premesse del viaggio erano che si fosse disposti ad alzarsi alle tre o alle quattro del mattino, che non si avesse timore di camminare lungo un ripido sentiero di montagna, che non si cercassero negozi, che si fosse incuranti delle condizioni del tempo, che tutto si svolgesse nell’arco di una giornata, che ci si ponesse in un atteggiamento di ascolto di luoghi e persone, che si cercasse di entrare nello spirito che aveva animato il fondatore, che si fosse capaci di condividere quanto i suoi più autentici testimoni comunicavano, che si aprisse il cuore e la mente all’esperienza viva e pulsante nelle parole, nei gesti, nelle immagini, negli odori che avrebbero accolto occhi discreti e pensieri galoppanti. Sebbene il protocollo fosse stato rispettato in ogni sua parte, alla fine della giornata, intensa e ricca di saperi ed emozioni, tutti avvertivano di aver fatto una conquista grandiosa ed inaspettata. Ognuno tornava a casa con un patrimonio inestimabile e diventava a propria volta depositario di quanto un prete e dei semplici ragazzi, contadini e montanari, avevano creato giorno dopo giorno divenendo maestri di se stessi e poi modelli di vita, esempi di verità, di rettitudine, di uguaglianza, di partecipazione civile, coniando con l’I care la voglia di esserci e di farsi sentire. Visitare la Scuola di Barbiana vuol dire conoscere da vicino una pedagogia inventata per bambini tagliati fuori dal circuito della scuola ufficiale. Senza esitazione, quei bambini sono stati introdotti nei meandri delle discipline con il lavoro interessante e con la coltivazione della curiosità che fa crescere sempre e che è in tutti noi sin dall’inizio, aspetta solo di trovare il varco giusto per meglio esprimersi. Don Lorenzo Milani dava gli strumenti attraverso i quali i piccoli potessero intraprendere, senza paura e senza vergogna di essere figli di analfabeti, il cammino della loro emancipazione e del loro farsi persone coscienti e responsabili. Belle parole per chi le legge in un libro o nelle dichiarazioni dei diritti, ma toccarle con mano nella stanza dove ogni angolo parla il linguaggio degli ultimi riscattati e diventati sale della terra e luce del mondo, è un’altra cosa. Don Milani invitava gli artigiani perché istruissero i ragazzi e li avviassero ai segreti del mestiere, apriva le porte a tutti quelli che avevano voglia di insegnare ed offrire conoscenza. Aveva capito che per fare una buona scuola bisognava educare alla verità, era necessario apprendere il bello e il giusto da chi viveva i valori dell’esistenza incarnata nell’opera concreta nella quale il genio di ognuno si manifesta e l’umanità prende forma concreta. Il falegname insegnava a fare una libreria; l’ingegnere conduceva per misure, calcoli, condotti, tubature e ponti; la visitatrice facoltosa metteva in piedi la rete di aiuti; l’ambasciatore narrava di Paesi lontani e, proprio lui, il Priore, educava sempre, continuava le lezioni su amore, diritti, educazione civica mettendo mano al nostro testo costituzionale, troppo spesso dimenticato, e dai suoi ragazzi appreso invece quotidianamente. Il Sentiero della Costituzione (2011) che conduce fino alla Scuola è ricordo e guida per tutti. L’officina con gli arnesi, quasi in attesa del nuovo Gianni, protagonista della eterna storia degli esclusi, la cappella con il mosaico del Santo Scolaro radioso, pur con lo sguardo affondato nel Vangelo, avidamente letto, sono simboli della cultura diventata arte nelle mani operose di chi oggi si preoccupa di che cosa accadrà il 1° gennaio 2017 quando la concessione della Curia avrà fine.
Non sappiamo se la Scuola di Barbiana manterrà i vincoli morali che i figli adottivi e gli alunni di Don Milani hanno preziosamente conservato, non sappiamo cosa avverrà dell’archivio, della mostra fotografica permanente e di quella itinerante, dell’astrolabio e delle cartine murali, della stanza della musica, degli sci, dei tavoli da lavoro, dell’incudine e del martello. La mente scaccia il timore di vedere che la voce conquistata possa essere ancora soffocata. La speranza emerge con forza perché don Lorenzo Milani ha insegnato che davanti alla morte non si fugge e che ogni giorno ci si alza e si riprende a lavorare con i ragazzi, con convinzione e passione. Come ha fatto lui negli ultimi anni di vita. Il mondo non si lascia così com’è. Per capire il messaggio l’indirizzo è quello che chiudeva la Lettera a una professoressa: Scuola di Barbiana Vicchio Mugello (Firenze). I professori che non guardano negli occhi i propri alunni potranno trovare nella canonica e nell’officina l’università che non hanno avuto la fortuna di incontrare. Questo lo abbiamo sentito e visto. La testimonianza è passata ed ha lasciato il suo segno, ormai indelebile, quale bene culturale da salvaguardare, secondo la visione di chi ad esso diede il primo impulso.
Sandra Chistolini
Approfondimenti: www.donlorenzomilani.it