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Maria Paola Forlani: MAYA. Il linguaggio della bellezza
05 Novembre 2016
 

Si è aperta nelle sale di Palazzo della Gran Guardia a Verona la mostra “Maya. Il linguaggio della bellezza”, fino al 5 marzo 2017.

A 18 anni di distanza dalla mostra del 1998 sui Maya di Venezia, è tornato in Italia il racconto della storia di un popolo che non cessa di affascinare per le sue conoscenze matematiche, per i suoi raffinatissimi sistemi calendariali e per le sue realizzazioni artistiche. L’esposizione – risultato della particolare attenzione per le tematiche specificamente artistiche di questa civiltà – presenta sculture, stele monumentali, elementi architettonici, figure in terracotta, maschere in giada, strumenti musicali e incensieri, che danno la possibilità, al visitatore, di esplorare gli aspetti artistici di una delle civiltà più affascinanti della storia, attraverso il tema della bellezza.

La mostra di Verona affronta per la prima volta il tema della cultura di questo antico popolo attraverso le parole e i testi degli stessi Maya, utilizzando – come mai è avvenuto in passato – la più grande rivoluzione antropologica dell’ultimo secolo: la decifrazione della loro scrittura.

Parallelamente, l’esposizione offre uno sguardo nuovo, innovativo e sorprendentemente attuale sull’arte maya a partire dall’individuazione dei maestri, delle scuole e degli stili: finalmente si ha la possibilità di rapportarsi alle opere attraverso una lettura storico-artistica e non solo archeologica.

Sculture dalle forme umane e animali, oggetti d’uso comune, maschere, urne funerarie e altri reperti di pregio raccontano il mondo Maya nelle quattro sezioni tematiche della mostra: Il corpo come tela, Il corpo rivestito, La controparte animale e I corpi delle divinità.

Fregi e architravi che ricostruiscono antichi ambienti, frammenti di testi, mappe e simboli di potere ripercorrono duemila anni di storia lungo un articolato percorso espositivo che racconta la cultura Maya attraverso la decorazione dei corpi (i Maya erano molto attenti alla bellezza e per questo ornavano il corpo con interventi temporanei o permanenti come pitture corporali, elaborate pettinature, tatuaggi e decorazioni dentali); gli abiti e gli ornamenti utilizzati per indicare lo stato sociale; il loro rapporto con gli animali simbolo delle forze naturali, dei livelli del cosmo e degli eventi dei miti cosmogonici; le diverse divinità ed entità sacre adorate da questo popolo, i sacerdoti che le rappresentavano e i paraphernalia dei rituali per la prima volta si presenta l’arte maya a partire da rigorose e specifiche analisi storico-artistiche che sviluppano la tematica delle attribuzioni e arrivano a individuare i grandi artisti della pittura e della scultura.

A prima vista l’arte maya sembra essenzialmente naturalista e con una marcata preferenza per l’uso di figure umane, animali e vegetali. Tuttavia, osservando più attentamente le raffigurazioni su terracotta, scultura e pittura murale, è sorprendente l’enorme diversità di immagini nelle quali un personaggio assume le caratteristiche e le qualità di un altro o di altri, siano essi uno o diversi essere soprannaturali, uno o più animali o uno o varie piante o alberi. Tale personificazione o interpretazione di esseri fantastici, è il risultato di una visione complessa del mondo sviluppata dai Maya nel corso di interi secoli di scambi di idee, non solo fra i diversi popoli maya, ma anche fra altre regioni del Mesoamerica, come il centro del Messico, Oaxaca e la Costa del Golfo, inclusi popoli allora scomparsi, come gli Olmechi, da cui ereditarono alcune delle idee fondamentali per elaborare tale visione del mondo.

 

Prima sezione: Il corpo come tela

Elemento comune a tutte le società, attuali e del passato, risultano essere gli interventi sul corpo umano. Soprattutto nel mondo maya, in cui la bellezza aveva un ruolo preminente, la popolazione era solita realizzare quotidianamente acconciature per capelli e pitture su viso e corpo, riservandone invece di specifiche e particolari in occasione delle festività, al fine di modificare l’aspetto fisico per ragioni estetiche.

Alcune di queste pratiche, come le cicatrici e i tatuaggi, hanno cambiato per tutta la vita l’aspetto delle persone che li avevano ed erano infatti considerati espressioni visibili di identità culturale e di appartenenza sociale. Tra le modifiche permanenti hanno acquisito particolare importanza la scarificazione del viso, la decorazione dei denti e la modifica artificiale della forma della testa, lo strabismo intenzionale e la foratura per poter portare ornamenti applicati su orecchie, naso e labbra.

 

Seconda sezione: Il corpo rivestito

L’abbigliamento rappresenta un vero e proprio linguaggio, con un suo vocabolario e una grammatica e benché sembri manifestarsi nell’effimero e nel superficiale – va invece a toccare elementi essenziali e basilari. Per i Maya l’abito è indicativo dello statu sociale dell’individuo. La maggior parte della popolazione impegnata in lavori agricoli presenta un abbigliamento semplice: le donne con la tradizionale blusa chiamata “hulpil” e la gonna o la tunica, mentre gli uomini con il perizoma legato intorno alla vita e talvolta un lungo mantello.

La classe nobile indossava costumi elaborati con accessori come cinture, collane, copricapo e pettorali tempestati di pietre preziose e piumaggi. I tessuti, ricchi di colori, erano tinti con indaco, cocciniglia o porpora ed erano lavorate con tecniche molto complesse – come il broccato, ad esempio – e spesso presentavano integrazioni di piume.

 

Terza sezione: La controparte animale

Gli animali hanno sempre avuto un posto privilegiato nel simbolismo religioso di diverse culture.

Molti esseri provenienti dal mondo degli animali erano considerati sacri dai Maya. Gli animali erano simboli di forze naturali e livelli cosmici, epifanie di energie divine, demiurghi tra gli dei e l’uomo, protettori di stirpi e alter ego degli esseri umani.

 

Quarta sezione: I corpi delle divinità

I Maya adoravano molte divinità ed entità sacre di diversa natura, che potevano incarnare i poteri più grandi o essere custodi di piccole piante, di piccoli corsi d’acqua o delle montagne. Le loro rappresentazioni includono caratteristiche umane e animali, elementi naturali o immaginari. A questi dei ed esseri sacri è stata attribuita l’origine di quei terrificanti fenomeni naturali di cui avevano paura e dell’espressione materiale e spirituale di tutto ciò che esiste.

I tre grandi periodi – preclassico, classico e postclassico – che dal 200 a.C. al 1542 d.C. hanno visto fiorire questo popolo, sono spiegati attraverso straordinari capolavori dell’arte maya come il Portastendardi, pregiata scultura risalente all’XI secolo realizzata da un maestro di Chichen Itza ; la Testa raffigurante Pakal il Grande che visse dal 603 al 683 dopo Cristo e fu il più importante re di Palenque; la Maschera a mosaico di giada raffigurante un re divinizzato tipico esempio di maschera funeraria, fondamentale per il defunto per raggiungere il mondo sotterraneo; e infine come l’Adolescente di Cumpich, importante scultura risalente al periodo tardo classico ritrovata nel sito archeologico di Cumpich.

 

Maria Paola Forlani


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