Oggi 4 novembre ricordiamo l’alluvione del 1966 che sconvolse la città di Firenze e parte del territorio toscano.
Firenze non era nuova a simili cataclismi e, scorrendo le date, ci rendiamo conto che periodicamente la città ha fatto i conti con la furia sconvolgente dell’Arno: 1333, 13 settembre 1557, 3 novembre 1844, 4 novembre 1966.
La storia di Firenze si legge sui suoi muri e le targhe poste in vari punti ne ricordano fin dalle origini episodi, avvenimenti, vicende, personaggi illustri e le alluvioni precedenti al 1966. In Via San Remigio, una targa ricorda l'alluvione del 1333 dove una manina scolpita indica il livello raggiunto dalle acque e più in alto a confronto riporta il livello raggiunto dalle acque nel 1966.
L’alluvione del 1966 comportò secondo i dati: 34 morti, 13.000 famiglie disastrate, 12.000 automobili sommerse, 20.000 imprese artigiane alluvionate, danni per migliaia di miliardi di lire. 1.200 opere d'arte, due milioni di volumi e 1.600 metri quadrati di affreschi furono sommersi dal fango.
Il nostro primo pensiero, oggi va a quei giorni, quando, alzandosi di livello, le acque portavano via persone e cose, cancellavano la memoria della città e sotterravano nel fango parte del nostro illustre patrimonio. Moriva Firenze e secoli di storia, sepolti da una furia inarrestabile.
In questi giorni molte sono le iniziative per ricordare la terribile alluvione del 1966: conferenze, convegni, libri e mostre commemorano e documentano non senza emozione quei giorni, quando tutti, fiorentini e non, si sentirono accomunati in uno slancio fatto di passione e di operosità, perché si intervenisse e con alacrità negli aiuti alla popolazione, nella ricerca e nel recupero di materiale e nel restauro poi di tutto ciò che si potesse salvare. Fu allora il momento più bello: gli “angeli del fango” come furono definiti, accorsero da ogni parte perché Firenze appartiene all’intera umanità, e il mondo intero si mosse contro lo scempio delle acque. Le testimonianze di oggi ci sono care a suggello della dedizione di cui gli uomini sono capaci, capaci di sentirsi uniti a difesa della vita e della cultura minacciata, che tanta bellezza aveva diffuso.
Fu bellissimo vedere in quei giorni che in tanti e tanti giovani accorrevano da ogni parte per dare il proprio contributo incuranti dei disagi, perché non si cancellasse la memoria di una città che tutti portiamo nel cuore. Notevoli furono gli interventi per salvare uomini e cose e lodevole la dedizione al recupero e poi al restauro delle opere d’arte e del patrimonio cartaceo che ci ha consentito di allestire e di riaprire i luoghi dove la cultura è madre e di ammirare, anche se solo in parte, opere che pensavamo perdute per sempre come il magnifico “Crocifisso” di Cimabue.
A guardarsi intorno sembra un miracolo, un’azione eccezionale dell’uomo, di uomini venuti anche da lontano affinché la volontà di conservazione prevalesse sullo scempio operato dalla natura e Firenze risorse più bella e più ricca grazie a coloro che accorsero, che non si arresero e ai quali oggi va il nostro grazie.
Da allora interventi sono stati compiuti a livello urbanistico e idrogeologico a nostra salvaguardia e dell’intera città ma ci chiediamo se basta… Non possiamo abbassare la guardia ma bisogna operare affinché tali cataclismi non ci colgano impreparati, perché il prezzo di vite umane che in tali circostanze si paga è troppo alto.
Dobbiamo operare incessantemente per la salvaguardia della nostra vita, della nostra economia, dell’ambiente e per la conservazione del patrimonio artistico-culturale di cui siamo custodi in termini di bellezza, di memoria e di ricchezza, costruito da quel “genio” di cui andiamo fieri; non possiamo rischiare di essere vittime ma dobbiamo trasformarci in operatori per la difesa nostra e della città con le sue ricchezze.
Tale evento è stato ampiamente ricordato per la memoria di un vissuto da non dimenticare, per la dedizione, il coraggio e la solidarietà di quanti, incuranti del fango e dei disagi, offrirono le proprie braccia per cercare il recuperabile. Ancora si lavora, si restaura e tanto è stato fatto ma ancora molto resta da fare.
Firenze accoglierà tutti gli “angeli del fango” che risponderanno al suo appello per stringersi di nuovo insieme in una catena umana che nessun fango potrà mai spezzare quando a tenerla unita è la volontà, il coraggio e la tenacia.
Anna Lanzetta