Viene cancellato il vecchio Senato, per questo nella Riforma Costituzionale che ci tocca andare a votare nel corso del Referendum del 4 dicembre vengono messi in discussione ben 47 articoli della Costituzione. Ma che cosa vuol dire mettere in discussione 47 articoli della Costituzione? E che cosa vuol dire abolire il Senato?
Entrando più nello specifico: viene stabilita una nuova composizione dei membri del Senato: non nuove funzioni dei senatori ma un nuovo modo di reclutamento. Con la Riforma Costituzionale che ci tocca andare a votare ci saranno 100 senatori dei quali 95 verranno presi dai Consigli Regionali o saranno i sindaci di alcune città italiane. Il modo attraverso il quale essi saranno eletti sarà definito da una Legge Elettorale Bicamerale. I cinque senatori rimanenti verranno nominati, per la durata di sette anni e non a vita come adesso, dal Presidente della Repubblica.
Non verranno ridotti affatto i poteri delle Regioni. Inoltre si elimina il CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) il che corrisponde alla decurtazione di ben 134 stipendi. Si elimina anche il bicameralismo perfetto. Si riducono inoltre i costi della politica. Si crea ancora una corsia preferenziale per i provvedimenti del governo essenziali per il programma di governo: il voto a data certa.
Si introduce anche il Referendum Popolare propositivo. Si disciplina in modo un po’ diverso da come è disciplinato al momento attuale il referendum abrogativo.
Si introduce una tutela delle minoranze. Si introduce infine la tutela di genere.
Insomma tutta una serie di Riforme Costituzionali che, votando «sì», possono dunque partire. Le ragioni della scelta positiva per questo Referendum appaiono tutte nella volontà di cambiare radicalmente l’assetto del Paese. Dopo intere stagioni politiche passate soltanto a «parlare» di riforme adesso si passa concretamente alla fase dell’attuazione di progetti politici precisi. Sembra che la scelta, fra il «sì» e il «no», stia tutta nella affermazione di una volontà in positivo o in negativo. La volontà (pur con tutte le cose che magari non ci piacciono di questa Riforma) di cambiare le cose per come esse si sono configurate al momento attuale e la volontà (a causa di tutte le cose che non ci piacciono di questa Riforma Costituzionale) di lasciare tutto come è adesso. L’elettore deve chiedersi concretamente: voglio cambiare le cose? NON voglio cambiare le cose? Tutto qui.
Certo non a tutti piace questa Riforma, certo moltissime persone ci trovano dentro moltissimi difetti: eppure questa Riforma Costituzionale (che porta il nome del Ministro Maria Elena Boschi) lo stato attuale delle cose lo mette in discussione. E tutti, proprio tutti, sono d’accordo nel dire che lo stato attuale delle cose non va bene. Dunque l’unica differenza tra chi sceglierà di votare «sì» e chi sceglierà di votare «no» sta tutta nella piccola percentuale delle cose che, pur considerando bene questa Riforma e appoggiandola, giudica che di essa non vadano bene. Ovvero non si contesterà in nessun caso l’urgenza e la necessità della Riforma Costituzionale in oggetto. Semplicemente: la si vorrebbe migliore. Ma questo è come dire: questa Riforma Costituzionale va bene solo che io la modificherei in questo, questo e quest’altro punto. E ciò è legittimo. Ci distingue dunque un cavillo: chi è favorevole alla Riforma, e dunque voterà «sì» afferma che in toto la Riforma va bene; chi è sfavorevole alla Riforma, e dunque voterà «no», dichiara che questa Riforma va bene ma andrebbe emendata.
In ogni caso la Riforma va bene e si devono, finalmente, cambiare le cose. Agli specialisti di Riforme Costituzionali spettano poi gli emendamenti. Ma non dividiamoci su cavilli.