Il “giovane papa” – immaginario, americano, dal nome di Pio XIII, protagonista della serie che Paolo Sorrentino ha realizzato per Sky, intitolata appunto: The young pope – da poco eletto al soglio pontificio, una notte fa un sogno che riguarda il problema che più lo assilla: quale discorso dovrà tenere per la prima volta ai fedeli riuniti a piazza San Pietro.
E nel sogno, le sue parole – che forse alla sua stessa coscienza diurna risulterebbero blasfeme, scandalose – esaltano la masturbazione, il matrimonio gay, il ruolo sacerdotale delle donne, l'eutanasia, e in genere le libertà e i piaceri mondani.
Significa questo che il personaggio che Sorrentino ha inventato è, almeno in cuor suo, un libertario?
Va detto che della serie sono state presentate al festival di Venezia e alla stampa, soltanto le prime due puntate, due su dieci, e dunque questa mia nota, più che una recensione, è un breve e cauto pronostico: da un frammento, sia pure ampio, tenterò di indovinare qualcosa dell'intero.
Questo giovane papa è ambiguo, carismatico ma anche respingente. Il volto, che gli presta quel bravissimo attore inglese che è Jude Law, sembra quello di uno dei principi rinascimentali che lodava Machiavelli: volitivo e crudele, astuto, freddo, ma anche, al momento opportuno, capace di conquistarsi la simpatia, la benevolenza del suo interlocutore, dei suoi sottoposti.
Il discorso che effettivamente terrà a piazza San Pietro, sarà proprio l'opposto di quello che il sogno, quasi come una tentazione diabolica, gli aveva prospettato. Presentandosi sul balcone della basilica, controluce, con l'aspetto dunque di un'ombra, rimprovererà duramente i fedeli della loro indegnità, della loro mancanza di fede, senza nessuna indulgenza, lasciandoli impietriti dalla sgomento.
Ma ecco di nuovo la sua ambiguità: il suo richiamo a un dio offeso e vendicativo, che terrorizza gli uomini, che sembra tornare dall'epoca nera della Controriforma, è un parto della sua autentica fede, o è piuttosto il frutto di un calcolo, un'operazione di marketing: concepire un dio che si contrappone radicalmente alla modernità, di cui forse le anime più smarrite hanno oggi desiderio e rimpianto? Insomma: è un Papa che crede in Dio? Che aspira a Dio? O che Dio, lo ha definitivamente perduto?
È un'ambiguità che forse le puntate successive della serie scioglieranno.
Comunque, le prime due offrono una descrizione potente, umoristica e sottile, dell'ambiente vaticano, nel quale la smania di potere (spicca nel racconto la caratterizzazione di Silvio Orlando, nel ruolo del Segretario di Stato Vaticano), l'avidità di ricchezza, indotta anche dal commercio delle cose sacre, il cinismo e l'ipocrisia, questo cumulo di vizi ha soppiantato i valori cristiani.
Non è detto però, che nello sviluppo della serie, non scaturisca da tanta negatività un risvolto positivo.
Certo, The young Pope, per il quale la Città del Vaticano pare abbia negato qualunque autorizzazione alle riprese, dimostra che le tv a pagamento offrono uno spazio inedito di libertà narrativa, perché mi riesce difficile immaginare questa serie prodotta per esempio dalla RAI.
Dunque, dopo l'anteprima di queste prime due bellissime puntate – bellissime in primo luogo per vigore narrativo: qui non si ritrova una certa tendenza letteraria o formalistica di altri lavori di Sorrentino – io attendo con vera curiosità le puntate successive, che saranno prossimamente trasmesse da Sky Atlantic.
Gianfranco Cercone
(Trascrizione della puntata di “Cinema e cinema”
trasmessa da Radio Radicale il 15 ottobre 2016
»» QUI la scheda audio)