Simone Antonelli
La mano stretta
Storia di un padre felice
Mauro Pagliai, 2016, pp. 104, € 7,00
Il percorso dell’adozione di un bambino è lungo e complesso, è fatto di infinite pratiche burocratiche, di colloqui chiarificatori e spiazzanti, di illusioni e speranze, di attese che talora cadono nel vuoto. Questo padre che parla del figlio adottato in una parte sperduta della Russia ha ragione di essere felice. Il fatto che sia il padre a raccontare la propria felicità non vuole trascurare le emozioni ed il ruolo della madre, che è insostituibile, ma risponde ad una realtà concreta: solo nel percorso di adozione l’attesa è veramente condivisa in modo paritario, quasi una speciale forma di gestazione portata avanti a due.
Non conta più ciò che è accaduto nell’attesa, non contano le difficoltà incontrate sul posto -soprattutto le difficoltà di comunicazione- né il fatto che il piccolo, al suo primo apparire agli occhi della coppia nell’istituto, sia diverso dall’immagine ideale che è stata coltivata nella mente, un bambino incapace di sorreggersi da solo sulle gambe, portato a braccia da due donne, perché troppo turbato e spaventato. Poi, in un silenzio carico di domande e richieste e paure, la mano di lui che afferra e stringe quella dell’uomo seduto accanto sul divano, a stabilire accettazione e fiducia.
Ma è solo l’inizio di un percorso che richiede dedizione, ascolto, presenza, disponibilità, amore, e soprattutto umiltà. Se è vero che genitori non si nasce ma si diventa giorno per giorno con i figli naturali, imparando a relazionarci con loro e rispondere ai loro bisogni ed a riflettere sui nostri errori, tanto più c’è da imparare se il Cielo ci destina un bambino venuto da lontano, con una storia sconosciuta alle spalle carica di enormi sofferenze. Non è automatico che la nuova vita, in un ambiente sicuro, porti accettazione e serenità immediate, anzi, le ferite pregresse hanno bisogno di una lunghissima cura. Un bambino non abituato ad essere amato, ad essere al centro dell’attenzione e dei pensieri altrui, si chiederà la ragione di tanto amore, si sentirà non all’altezza, diventerà anche provocatorio, nascondendo la sua paura più profonda e inespressa: quella di perdere tutto, di ricadere nell’inferno di prima.
Antonelli non ha ricette da dare agli altri genitori adottivi, perché ogni bambino ha il suo percorso e la sua storia, ha capito che non ci sono certezze e linee educative da sbandierare come preconfezionate e funzionanti ma ha scoperto che l’unico modo, tra l’altro il più immediato e naturale, è quello di farsi conoscere anche con le proprie paure, con la propria solitudine sperimentata ed il proprio dolore. Con umiltà.
Ha sentito l’importanza di creare un rapporto umano alla pari, di capire i momenti di crisi, di lavorare a fianco con fiducia, per costruire una persona che si sappia finalmente accettare con il proprio passato, e riconosca come meritata la bellezza del presente.
Marisa Cecchetti