Una buona notizia a me pare quella del continuo aumento del gettito fiscale, cioè della riduzione dell'evasione. Può dipendere da timore che il nuovo governo non farà condoni (timore fondatissimo), da un primo cenno di resipiscenza della morale pubblica (ci credo poco, però forse un po' c'è), da suggerimenti delle associazioni di categoria e ordini professionali, che valutano gli effetti del decreto Bersani e dintorni, insomma ci dicano gli esperti da che pensano dipenda, invece di solo dare i numeri. Comunque avvenga -per timore o per moralità- il fenomeno è largamente positivo. E non va sprecato, come mi sembra si stia un po' facendo. Infatti una tendenza che Fassino sostiene è quella di cominciare a promettere aumenti ad alcune corporazioni dopo le proteste in piazza. Dico corporazioni perché chiunque in una situazione così difficile protesta solo per i suoi (legittimi) interessi è corporativo, fosse persino la classe operaia. Il discorso del governo dovrebbe essere: se aumenta il gettito fiscale, questo è un segno di fiducia reale e concretissimo, nonostante ciò che dicono i famosi "sondaggi": dunque i cittadini e le cittadine sono in grado di capire e decidere. Secondo me capirebbero benissimo un discorso del tipo: lasciamo che l'aumento del gettito si manifesti per intero, e decidiamo poi che cosa fare, se disperderlo in misure -anche giuste, ma sparse e congiunturali- o abbassare le tariffe, tenere sotto controllo i costi dei servizi, calmierare il costo della vita, impiegare risorse anche ingenti nel miglioramento della scuola ricerca università sanità pubblica, pubblica amministrazione, giustizia, sicurezza, precarietà e mercato del lavoro.
Non voglio suscitare timori: voterò ciò che la cosiddetta "cabina di regìa" avrà concordato, più o meno a cuor leggero, e a mente convinta. Alcune cose non mi piacciono, in particolare che sulle spese militari si è ottenuto pochissimo per non dire nulla: ma mi contento di continuare a sottolineare che i minimi spostamenti ottenuti, dagli armamenti al ripristino di condizioni ambientali disinquinate negli ex poligoni di tiro in Sardegna, o per spese a favore delle condizioni di vita dei militari, mi sembrano andare nella giusta direzione, la quale però non è il puro e semplice gioco di ridurre dalla parte degli armamenti a favore dei militari, restando tutte le altre condizioni uguali: se ciò non si fa nel senso di adeguare la politica della difesa a quella degli esteri e le condizioni dei militari a un esercito professionale, con sindacalizzazione, obiezione di coscienza, possibilità di mutare arruolamento ed entrare nei corpi civili di pace, poco di utile avviene. Bush è incalzato dalle pressioni del suo paese, che lo incitano a mutare la forma della presenza militare in Iraq e le alleanze, arrivando a considerare interlocutori paesi appena definiti canaglia. Lo scenario internazionale muta, può darsi che in Francia vada alla testa della repubblica una donna, che pure a capo degli Usa ci sia una donna: Israele deve tenere conto che il suo principale alleato ora lo frena. Vogliamo occuparci solo dei salari dei militari, nemmeno poi tanto bassi? Anche in questo caso va bene accettare le compatibilità esistenti e i punti raggiunti col consenso nell'Unione, ma intanto mettere le basi di un diverso discorso di prospettiva. A questo a mio parere bisogna tendere, se non nelle strette del dibattito e votazioni in aula, appena subito dopo, riallacciando anche relazioni con posizioni di movimento. L'ottimo successo della manifestazione di Vicenza dice che anche in questo campo la cittadinanza è molto attenta e capace di distinguere. Il consenso o dissenso vero non si misura sulle ondate prodotte a comando dai media, bensì sulle reazioni reali sui problemi reali.
Lidia Menapace