Per rendere in modo vivo ed emozionante il racconto di un avvenimento storico, è necessario, io credo, che un film – oltre a rispettare certi dati storici esteriori come i costumi dei personaggi, le loro abitudini di vita o l'aspetto dei luoghi – riconduca quell'avvenimento a un sentimento di fondo. (È una regola che vale del resto per il racconto di qualsiasi fatto.)
Nel film che un autore francese di grande talento, François Ozon, ha ambientato ai tempi della Prima Guerra Mondiale, e soprattutto nel dopoguerra, la guerra è ricondotta al sentimento della perdita delle persone amate.
Si sa infatti che la guerra separa gli innamorati, i genitori dai figli e anche gli amici, che siano dello stesso paese, o di paesi diversi divenuti nemici. E gli uomini, “orfani” dei loro affetti più cari, possono consumare gli anni nell'attesa di un ritorno, o cercare un surrogato della persona perduta in certi oggetti, come una fotografia, una lettera, un quadro, un luogo visitato insieme; o, nei casi più tragici, una tomba.
Ecco: questa perdita, e questa ricerca affannosa, a volte disperata, dell'oggetto del proprio amore, è il tema di fondo di Frantz; un tema che, come capita in certe composizioni musicali, si ritrova svolto nel film in tante variazioni, si incarna in diverse vicende, accomunate da un'angoscia simile.
Il caso principale riguarda due ragazzi, uno francese e uno tedesco, quest'ultimo caduto in guerra, l'altro sopravvissuto, uniti, almeno nel sentimento del reduce, da un legame affettivo profondissimo, quasi un amore impossibile. Così come si rivelerà impossibile l'amore della fidanzata del soldato tedesco caduto, per l'ex-soldato francese sopravvissuto. E i genitori del ragazzo morto in guerra, che avevano trovato un conforto al loro dolore nelle visite di quel giovane che si era presentato come un amico del figlio, dovranno presto rinunciare alla sua presenza.
Il film di Ozon non è esente da difetti.
Certe complicazioni psicologiche possono risultare inverosimili (come una passione omosessuale tinta di necrofilia). Si ha poi a volte l'impressione che l'amore di Ozon per il cinema – per certi clichés, per certi giochi formali del cinema (l'esempio più evidente in Frantz, sono i passaggi dal bianco e nero, predominante, al colore) – che un certo manierismo, prevalichi sull'interesse per le cose raccontante. (I più cinefili degli spettatori ritroveranno nel film certe reminiscenze di Vertigo, il celebre noir di Alfred Hitchcock.)
E tuttavia il sentimento della guerra che sorregge tutto il film è forte e sincero; e priva la guerra di ogni enfasi, di ogni sospetto di celebrazione retorica. Ce la restituisce nella sua autentica desolazione, sentimentale prima ancora che materiale.
Va detto che il film si avvale di uno splendido cast di attori. Paula Beer, nel ruolo della protagonista, ha vinto al festival di Venezia il premio Mastroianni, assegnato a un attore emergente. Accanto a lei, ricordo almeno Pierre Niney, che in Italia si era già avuto modo di apprezzare per l'interpretazione di Yves Saint Laurent, in un film biografico a lui dedicato.
Gianfranco Cercone
(Trascrizione della puntata di “Cinema e cinema”
trasmessa da Radio Radicale il 1° ottobre 2016
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