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Lidia Menapace. In treno...
Rosa Pasculli,
Rosa Pasculli, 'In treno' (ioarte.org) 
28 Settembre 2016
 

Poiché devo arrivare lontano a orari precisi viaggio per lo più in treno con le frecce, il che mi offre tempo per pensare, dato che sulle frecce persino il regolamento dice che non bisogna tenere né la voce né il telefonino a timbro alto, sicchè l'atmosfera induce alla riflessione. Metto qui insieme di seguito alcuni punti originari di pensiero, così li immagino, come punti vivi che danno origine a catene e riflessioni connesse e quindi prima o poi a forme di teoria politica, che -come si sa- è la mia passione dominante.

Come punto di partenza ormai stabilito c'è il superamento del “monoteismo”, inteso come forma del pensiero dominante nel bacino del Mediterraneo, dove sono nate e dal quale si sono diffuse nel mondo le tre grandi religioni monoteiste. La cultura originata dal monoteismo tende a ridurre tutto all'uno e la sintesi è la meta di ogni pensiero. Solo dopo che si è incominciato ad osservare che la realtà storica sociale e biologica è complessa, il monoteismo culturale è entrato in crisi, non senza aver tentato di “ridurre la complessità” accusata di non essere governabile.

Più di recente la cultura verde si sta proponendo come nuovo monoteismo culturale, essendo possibile pensarla senza riferimento alla complessità e come filosofia dis-umana, che fa a meno di distinguere nei viventi i generi.

Per me il nuovo punto originario è dunque cercar di introdurre nell'ecologia il due e l'infinita serie dei numeri.

 

Benchè non si usi più, quando viaggio guardo fuori dal finestrino (nessuno più alza gli occhi dal computer portatile o dal telefonino), il paesaggio scorre né visto né guardato: ci stiamo preparando ad avere treni che viaggiano incartati nelle barriere antirumore, che già oggi coprono interi tratti di viaggio, rendendo il tutto molto monotono? Per ora io guardo sempre fuori osservando che i vetri sono sempre sporchi, disegnati dalle gocce delle piogge stagionali. Comunque il paesaggio si vede per ora. E vedo cascinali abbandonati cadenti, oppure case contadine trasformate in alberghi, campi coltivati a cereali tabacco frutteti vigneti molto mais, molti prati per mangimi e più nemmeno un papavero. Chissà quanti veleni chimici spruzzati sui terreni agricoli contro l'infestante papavero mangiamo poi nel pane polenta frutta verdura ecc. Non sono rari nemmeno i tratti che mostrano rovine da terremoti.

Il frutto dei pensamenti ferroviari è che, se non riconsideriamo interamente l'uso e lo sfruttamento del territorio l'Italia diventerà (sta già diventando) un paese invivibile.

E le proposte qui sono: un piano di rimboschimento degli Appennini e di ripopolamento dell'intera dorsale appenninica e di tutta l'area prealpina. Moltissimo lavoro, trasferimento volontario per svolgere attività edilizie e agricole, una educazione antisismica di base, lavori di riduzione del danno e attività prevalentemente agricole e artigianali: a me pare interessante e innovativo. Preciserò in seguito.

 

Lidia Menapace


 
 
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