20 Settembre 2016
Il 20 settembre 1992 è morto a New York (Usa) lo scultore e pittore statunitense Reuben Kadish. Aveva 79 anni. La sua famiglia ebraica – i genitori e due fratelli minori – era emigrata negli Stati Uniti da Kovno, nella Russia zarista (oggi Kaunas, Lituania). Nel 1920 la famiglia Kadish si è trasferita a Los Angeles. Ha studiato con Thomas Hart Benton. Interessato all’arte sociale e convinto che il lavoro dell’artista dovesse contribuire a rendere il mondo un posto migliore, si è dedicato con passione ai murales, collaborando con David Alfaro Siqueiros. È stato amico di Jackson Pollock, Philip Guston e altri esponenti dell’Espressionismo astratto, ma non ha mai ottenuto gli appoggi riservati agli altri artisti della corrente: oggi sappiamo che l’Espressionismo astratto è stato sostenuto e finanziato dalla Cia nel periodo della Guerra Fredda. In realtà Reuben Kadish non è stato “espressionista” né “astratto”. La sua opera è piuttosto un memoriale, che non ha eguali nella produzione di alcun artista mai vissuto, in cui si elevano – come alberi in un giardino dei Giusti – volti, corpi, materia e immagini che collegano il nostro tempo agli anni più tragici della storia. Gli anni della Shoah (cui Reuben e la sua famiglia sfuggirono, ma che travolse la comunità ebraica della loro città natale, Kovno), gli anni delle guerre e delle carneficine, il tempo di Hiroshima e Nagasaki. Il tempo da non dimenticare. Personalmente, se dovessi esprimere il mio parere sul più significativo artista moderno degli Stati Uniti d’America, non avrei dubbi. È lui, Reuben Kadish. Quasi dimenticato dalla critica e dai musei, ma grande, coraggioso, emozionante: un genio e un testimone fondamentale per il ruolo che l’arte ha da sempre nella civiltà. Il significato dell’opera dell’artista è diffuso nel mondo a cura della Reuben Kadish Art Foundation.
Roberto Malini |