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I nuovi dirigenti scolastici
06 Dicembre 2006
 
Il comma 12 dell’art. 66 della Finanziaria prevede, per il futuro, che i dirigenti scolastici siano assunti senza tener conto del loro settore di appartenenza. Potrà così accadere che un docente che abbia sempre insegnato alla scuola primaria, possa diventare dirigente di una scuola secondaria di secondo grado e viceversa.
In verità, già dai tempi di Berlinguer (sempre lui!) è stato reso possibile ai presidi già di ruolo passare da un ciclo scolastico all’altro, e fu lo stesso ministro a favorire il passaggio degli insegnanti elementari in possesso di laurea, attraverso un corso abilitante di 40 ore praticamente senza alcun sbarramento finale, ad altri ordini di scuola. Il fine, peraltro dichiarato, era, ed evidentemente è, quello di estendere alla scuola superiore di secondo grado il sistema didattico che caratterizza la nostra, peraltro ancora abbastanza buona, scuola primaria.
Infatti, da quel che risulta, anche se a livello puramente empirico, non si è mai verificato il caso contrario; e cioè che un dirigente delle scuole superiori passasse a dirigere una scuola primaria. Segno, questo, più che evidente di quanto si voglia continuare a confermare le attese berlingueriane, per cui traghettando alle scuole superiori il sistema pedagogico delle elementari significherebbe finalmente portare la didattica anche in altri sistemi scolastici, sembra di capire, antiquati e superati.
Che i docenti (dietro l’indeterminatezza del termine è bene però aver chiaro che i docenti maschi alle elementari non esistono praticamente più) della scuola elementare abbiano, per ora, una specifica maggiore preparazione didattica rispetto a quelli, in generale, delle superiori, è senz’altro innegabile. I motivi di tutto ciò sono tantissimi e scontati; ma dovrebbe far riflettere che a portare la nostra scuola elementare, in passato, ai primi posti nel mondo, siano stati insegnanti provenienti dai tanto vituperati istituti magistrali che avevano, tra l’altro, l’ineguagliabile pregio di “sfornare” maestre e maestri di 18-19 anni che avevano davanti a loro almeno un decennio d’entusiasmo e di forza educativa straordinari, accompagnati da stipendi che, al contrario di oggi, sempre per un decennio potevano essere abbastanza rispondenti alle necessità di un giovane di allora. (Quanto nella scuola vi sia urgente necessità anche di docenti giovani e motivati, basterebbe chiederlo agli studenti!).
Insomma, confermare con l’attuale legge Finanziaria l’unificazione, per la dirigenza, dei tre settori (primario, secondario di primo grado e secondario di secondo grado) sancisce, in modo esplicito, quali sono le attese e le prospettive che si affidano al nostro sistema scolastico superiore.
Per coloro che gestiscono la politica scolastica di questo Paese (a proposito chi sono? quali pedagogisti o sindacalisti ispirano e coadiuvano i responsabili del MPI?), dirigere una scuola elementare o un liceo è la stessa cosa.
In realtà è più facile immaginare come questa deriva politico-pedagogica, che non vuol distinguere tra le istanze didattiche che sono alla base del lungo e difficile percorso formativo che parte dal bambino e trova il suo punto di arrivo nel giovane adulto, sia stata e continui ad essere rispondente ad una vera e propria banalizzazione del secondo ciclo d’istruzione. Banalizzazione che trova il suo punto più alto in una pedagogia che, come accade alle elementari, ma lì giustamente, guarda sempre più al “vicino”, all’esperienza diretta del ragazzo, al suo ambiente, alle sue necessità di essere capito e corretto attraverso percorsi che puntino “all’accettazione di sé”, alle “socializzazioni” e alle “letture del mondo che gli gira intorno”. Il fine principale di tutto ciò è quello di garantire, come alle elementari, il successo scolastico, senza preoccupazione alcuna per lo scadimento culturale, e pertanto umano, che tale sistema comporta.
Addio vecchi direttori didattici, da ora in poi i dirigenti scolastici saranno trasversali; così una solida preparazione culturale dei presidi e degli stessi docenti che sia funzionale all’indirizzo scolastico in cui vorranno operare, sarà d’ora in avanti sempre più inutile, perché l’orientamento pedagogico di gran moda e dominante ai giorni nostri è quello del saper fare, anziché del sapere. Questa sorta di slogan primeggia oramai in qualsiasi trattatello di carattere pedagogico funzionale a preparare i nuovi dirigenti e i nuovi docenti.
Ovviamente, i nostri sindacal-pedagogisti ignorano quanto, sostenendo tali urgenze, stiano contribuendo alla realizzazione della parte meno edificante del pragmatismo americano e, nello stesso tempo, ad istituzionalizzare definitivamente la tanto odiata figura del preside manager!
 
Valerio Vagnoli
(da Notizie radicali, 6 dicembre 2006)

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