Spazzasti l'aria residua quel giorno,
Bob, a Mexico City col tuo salto,
infinito volo, curva celeste
per sottrarti al grave peso del mondo.
Il cielo era piombo fuso e tequila
nelle tue vene insonni, pugni chiusi
e debiti, e prima ancora la tisi
materna, i coltelli nelle vie oscure,
la sabbia del Texas e l'amore naufrago.
A cosa pensavi in quel balzo effimero,
nel lungo e fisso alare delle gambe,
alto e lungo fino all'inconcepibile,
come mai nessun altro essere umano?
Perfetto come una retta a congiungere
ogni prima e ogni dopo... High School e Cadillac
rosa, televisori e spettri aztechi,
scarpe di lusso, basket, povertà
e l'abbraccio di Ralph Boston... Pioveva
come in un'antica danza di lacrime,
rito ancestrale: batter di occhi e nubi
pari ai tamburi di New York, conati
e cesti di speranza, baci al dio
Quetzalcoatl, Vietnam e Angela Davis,
napalm, rock 'n' roll, blues, Martin Luther King...
E il vuoto... maledetto, interminabile,
lungo 8 metri e 90 centimetri
(o anche 29 piedi e 2 pollici)
nell'anima felice e devastata.
Ma ancora oggi, Bob, nel nostro pensiero
tu voli, plani e mai ti posi, mai...
Alberto Figliolia
Ha da poco compiuto 70 anni Robert “Bob” Beamon, nato a New York e divenuto campione olimpico nel salto in lungo a Città del Messico 1968 con un prodigioso, se non fantascientifico, balzo di 8,90 metri. Fu un volo lunghissimo e altissimo, epocale: una delle più grandi imprese sportive di tutti i tempi.
Bob dalla irrequieta e turbolenta infanzia: padre, diciamo così, “rivedibile”; madre morta giovanissima di tubercolosi; le strade violente del quartiere; i debiti e la povertà; il matrimonio a rotoli; la sospensione della borsa di studio dal College per via del rifiuto di partecipare a un meeting in cui eran presenti atleti di un'università considerata razzista; le paure, i tormenti e i dubbi esistenziali... Poi quel salto stellare, con la revisione, seppur per poco, del criterio della gravità. Bob Beamon si era consegnato alla storia dello sport e all'immaginario collettivo. Un saltatore inglese disse che semplicemente con tale record – fu migliorato di 55 cm il precedente primato (praticamente polverizzato) – Beamon aveva distrutto quella disciplina sportiva.
Con il successo e la gloria giunsero anche i soldi. Che vennero sperperati. E furono nuove difficoltà di vita... Bob Beamon non riuscì mai più a ripetere quella misura e neanche ad avvicinarvisi. Ma la fama è con lui, per sempre.
Uomo di un tempo duro e pur colmo di giuste ribellioni e speranze (vedi la protesta guantata di nero sul podio dei 200 m in quelle stesse Olimpiadi di Tommie Smith e John Carlos nel nome della gente afroamericana), cui partecipò pagando di persona, e atleta meraviglioso (provvisto di una straordinaria elevazione giocava benissimo anche a basket).