È sbagliato il quesito costituzionale sul quale dovremo esprimerci con un sì o con un no, caro Renzi. Non è vero:
«Renzi: “Ho sbagliato a dire che era un giudizio su di me”»
(la Repubblica, lunedì 22 agosto 2016: 10-11).
Tu sei l’unico extraparlamentare. Dunque, il mio giudizio su di te è buono perché hai svecchiato la Repubblica italiana con la decariatizzazione dei suoi highlanders.
Se tu mi avessi posto il quesito politico: devono governare quelli che stanno nella legge oppure gli illegali? Io ti risponderei: quelli che sono nella legge! Puoi credermi: gli italiani sarebbero d’accordo, ti coprirebbero di sì perché non sono più capaci di sopportare la corruzione. Ovvero: quelli che ti vengono dietro per interesse personale.
Gli italiani faticano a credere che la Repubblica sia priva di una legge sui partiti a 68 anni dalla Costituzione, che recita all’art. 49:
«Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale».
Il metodo democratico è stato praticato. La contrapposizione tra partiti ideologici ha realizzato l’equilibrio tra le spinte popolari.
Ma, il popolo, depositario del potere, non ha sempre scelto per la migliore alternativa. Basti il solo esempio: l’ultimo governo Berlusconi (IV, 08/05/2008 – 16/11/2011) ebbe il top di consensi elettorali sulla parola d’ordine “no all’ingresso dei francesi nell’Alitalia”, l’Alitalia fallì ed il suo governo portò l’Italia ad uno spread di 572, ad un pelo dal fallimento del Paese.
Dunque l’emotività del popolo dovrebbe venir incanalata nella legge sui partiti. Ed il popolo ricomincerebbe a frequentarli come santuari del potere perché saprebbe di disporre dello strumento legale per difendersi dalle associazioni perverse.
Il Pd non può fallire, come dice Fassino a Torino. Dunque, caro extraparlamentare al potere con un colpo di Stato regolare (vittoria democratica dentro un partito con defenestrazione del premier di tutti), vuoi smettere di preoccuparti del sostegno specifico di coloro che temono le conseguenze giudiziarie per se stessi di una legge sui partiti che darebbe ai giudici l’ultima parola sull’onestà dei dirigenti politici ed aprirti all’applauso popolare che verrà a chi metterà il potere nella legge?
Carlo Forin