Nel 2014 il CLALS, American University’s Center for Latin American & Latino Studies, American University, Washington, DC, pubblicava il rapporto sui bambini non accompagnati che dal Triangolo settentrionale dell’America Centrale formato da El Salvador, Guatemala e Honduras emigravano negli Stati Uniti. Lo studio dal titolo Unaccompanied Migrant Children from Central America. Context, Causes, and Responses, curato da D. Stinchcomb e E. Hershberg (fonte dell’immagine di copertina, ndr) era anche inteso a predisporre analisi qualificate utili alla revisione delle procedure legali ed amministrative per la definizione dello status di migrante nei più recenti flussi di espatrio. In cinque anni il numero dei bambini non accompagnati risultava aumentato vertiginosamente. Nel 2014 l’U.S. Department of Homeland Security registrava 68.541 minori non accompagnati di cui 51.705 (75%) provenienti dal Triangolo. Secondo le stime ufficiali circa l’80% dei minori non accompagnati cadevano nelle mani di contrabbandieri e trafficanti (coyotes) di esseri umani. Le procedure di immigrazione avevano quindi richiesto dati affidabili per convalidare le domande di asilo e fondare giuridicamente la concessione degli aiuti umanitari. Era necessario conoscere i luoghi di provenienza e condurre una seria ricognizione sui fattori che inducevano i bambini ad abbandonare le loro case e a rifugiarsi altrove. L’espatrio interessava città e campagne, mentre le ragioni potevano variare per caratteri geografici e grado di complessità. Il rapporto rilevava sei fattori principali di emigrazione dei bambini non accompagnati: esclusione sociale, violenza sociale, violenza della famiglia, traffico di droga, corruzione, incapacità istituzionale di far fronte ai maltrattamenti e alla criminalità. La sovrapposizione dei fattori portava ad un accumulo di condizioni avverse tali da essere considerate dai bambini molto più intollerabili rispetto ai rischi a cui sarebbero andati incontro emigrand
Al momento dell’arrivo negli Stati Uniti, i minori non accompagnati provenienti dall’America Centrale sono ancora oggi soggetti a processi amministrativi distinti che applicano la legge sul diritto di immigrazione. Una volta definito come “minore non accompagnato” il bambino è consegnato entro 72 ore alla custodia del Department of Health and Human Services’ (HHS) Office of Refugee Resettlement (ORR). I minori non accompagnati possono: essere rimpatriati; ottenere asilo come rifugiati e seguire l’itinerario previsto dal sistema governativo; ricevere aiuti umanitari; passare attraverso forme miste di soluzione giuridica. Sulla base delle informazioni riguardanti il migliore interesse del bambino, e il rischio alla sicurezza, l’ORR colloca il minore in strutture che ne assicurino la cura e l’eventuale affidamento a breve termine. Enormi questioni sono pendenti in merito alla possibilità del minore di avere un gratuito patrocinio. Tra il 2005 e il mese di giugno 2014 si calcola che il 90% dei minori senza difesa sia stato rimpatriato, di cui il 77% con provvedimento di allontanamento e il 13% con ordine di partenza volontaria. Gli analisti del fenomeno segnalano come la mancanza di misure politiche, sociali, economiche adeguate a rimuovere le condizioni avverse, sia nei paesi di partenza che in quelli di arrivo, porterà all’elevamento degli espatri con gravi negligenze verso la tutela dell’infanzia.
Il rapporto del Migration Policy Institute dal titolo Unaccompanied Child Migration to the United States: The Tension between Protection and Prevention (2015) conferma la crescita del numero dei bambini migranti non accompagnati negli Stati Uniti. Si sottolinea la difficoltà di conciliare i principi della protezione dovuta ai gruppi vulnerabili con l’applicazione delle disposizioni in materia di immigrazione. Di fatto, l’incapacità di poter disporre di procedimenti snelli di accertamento del diritto agli aiuti umanitari provoca lunghe attese con il risultato di rendere ancora più critica l’immigrazione illegale e di incoraggiare i flussi non autorizzati.
Infine, il rapporto 2016-17 sulla situazione europea, Children in crisis: unaccompanied migrant children in the EU, (fonte della tabella in allegato, ndr) individua, tra l’altro, quattro problemi che creano ostacolo alla attuazione della piena protezione dell’infanzia: la cultura della incredulità e del sospetto verso i bambini non accompagnati; la riluttanza degli Stati membri ad assumersi le proprie responsabilità, a condividere oneri e a mostrare solidarietà; la carenza di leggi e politiche appropriate; la perdita di fiducia sperimentata dai bambini migranti non accompagnati. Nell’Unione europea si auspica che tutti gli Stati adottino sistemi integrati di protezione dell’infanzia, fondati sul principio della considerazione del cosiddetto “migliore interesse dei bambini” e tali da assicurare che tutti i minori siano trattati come tali, qualunque sia il loro status di immigrazione. La collaborazione degli Stati membri dovrebbe condurre alla raccolta e alla condivisione dei dati sulla identificazione e la registrazione dei bambini non accompagnati, avendo come obiettivo l’adozione di soluzioni durevoli per i minori di cui si assume la cura e la tutela.
I tre rapporti citati evidenziano prospettive diverse che vanno dalla dettagliata esposizione dell’itinerario di ingresso fino alla soluzione della migrazione, come avviene in America, alla affannosa ricerca della persuasione del rispetto delle leggi comuni in sede europea. Si comprende come il processo sia in corso e come le previsioni di estensione del fenomeno non siano le uniche a sollecitare una immediata presa in carico del problema da parte di singoli, collettività, organizzazioni non governative, istituzioni. La politica della delega non sembra possa essere la risorsa adeguata, e nemmeno lo sforzo encomiabile delle numerose ONG si ritiene possa da solo colmare il vuoto pedagogico indispensabile ad aprire il sentiero della cittadinanza attiva. Per contrasto, le tante buone pratiche di aiuto umanitario, sparse per il mondo, consegnano ad ognuno il testimone per cooperare alla restituzione di un futuro che nell’infanzia è presente, nonostante tutto, come progetto e speranza. Forse dovremmo anche ricordarci che chi emigra ha in sé la forza indomabile data da quel coraggio che nessun confine potrà mai fermare. Di conseguenza, i tempi appaiono maturi per decidere come vivere insieme da cittadini dell’Europa unita.
Sandra Chistolini
Approfondimenti:
»» Regolamento Dublino III
(scheda in asiloineuropa.blogspot.it, 15/05/2011)