Per le vittime dell’incidente ferroviario
avvenuto tra Andria e Corato il 12 luglio 2016
Sali sul treno, ch’è normale sognare.
Come viaggiare.
Non soffermarti a guardare gli ulivi, ch’è tardi.
Continua ad andare.
Ma questa mattina, chissà, proprio
vorresti restare
qui dritto, in piedi, in abito blu,
a contemplare.
Tu, spettatore muto su questo piazzale.
Che strana, stamane,
l’inaudita insistenza delle cicale.
E poi ieri non hai più visto il mare.
Poterci tornare…
Fende, d’un lampo, la mente assonnata
l’impossibile, indisciplinato pensiero!
Sarà l’ora, ancora giovane e bianca,
l’andirivieni banale…
Sarà lo spingere di questa folla
che ondeggia già stanca.
Salire sul treno e partire. Lo sai,
è come sempre. È normale.
È un senso alternato di vite,
di incroci, di incontri,
di baci.
Lo sai che si corre su un solo binario…
E incollato all’orario
sempre lì, in uniforme un po’ stretta,
il capostazione, mago cieco
con la paletta,
dirige ogni giorno la folle alternanza.
È tutto così, fin dagli anni Sessanta.
È rimasto uguale anche lui
tra gli ulivi.
E anche treni e rotaie son sempre quelli.
E anche diversi, che grande magia…
sono sempre gli stessi.
Ora sali sul treno, che così è se ti pare.
Lascia che cantino le cicale,
e al loro verde lascia gli ulivi.
Lo sai già da quando, più giovane, udivi:
“In carrozza! Si parte, signori!”
Da allora lo sai che qui al Sud,
in mezzo a ruggine e promesse (a milioni!)
con un sì vivi e con un no muori.
Marika Baorto
Da Sud a Sud, 23 luglio 2016