Sessantaquattro mesi di guerra in Siria. Cinque anni e mezzo di quotidiane violazioni dei diritti umani, di bombardamenti, stupri, sequestri, torture, assedi e fughe. La Siria è da tempo scomparsa dalle prime pagine dei giornali, ma i massacri nel Paese mediorientale purtroppo non si sono mai arrestati.
Nei report semestrali pubblicati dal Syrian Network fo Human Rights (SNHR) si colgono le proporzioni di questo dramma. Sono almeno 536 le infrastrutture civili colpite, compresi ospedali, banche del sangue, scuole, negozi, panifici. I responsabili sono diversi: il governo di Assad ne ha distrutti 279, le forze russe 170, l’Isis 22 e l’opposizione armata 28. Le conseguenze per la popolazione civile sono drammatiche. Sono nell’ultima settimana ad Aleppo, dove oltre 300 mila abitanti sono sotto assedio, sono stati distrutti ben 7 ospedali, compresa l’ultima banca del sangue funzionante. La situazione è altrettanto drammatica in altre città, come a Darayya, dove i massicci bombardamenti e l’assedio stanno provocando lo stillicidio degli ultimi abitanti rimasti nella città.
Nei primi sei mesi dell’anno sono stati lanciati oltre 6.016 barili bomba, che hanno provocato oltre 204 stragi in tutto il territorio siriano. Sono stati denunciati 4.557 casi di arresti arbitrari, di cui 3.151 ad opera del regime, 779 per mano dell’Isis, 168 fermati da al Nusra e 96 dai ribelli.
Drammatica anche la situazione degli operatori dell’informazione, giornalisti, fotografi, cameramen. Da gennaio a giugno del 2016 sono stati uccisi 45 citizen journalist, mentre 38 sono stati feriti gravemente. Il lavoro di questi reporter è prezioso, perché le loro sono ormai le ultime voci che raccontano il dramma siriano, finito nel dimenticatoio della comunità internazionale.
Il presidente del SNHR Fadel Abdul Ghani ha dichiarato: “La cessazione delle ostilità (dichiarata il 27 febbraio e violata il 19 aprile, ndr) è a rischio collasso se non si fa chiarezza sulle effettive responsabilità delle violazioni. Sfortunatamente, non abbiamo ancora sentito parlare di inchieste per fare luce su tutte quelle violazioni che abbiamo già documentato”.
Asmae Dachan
(da Diario di Siria, 26 luglio 2016)