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Nikla Cingolani. Idomeni, una profonda ferita 
A Recanati la prima personale del reporter Mirco Fontanella. Dal 1° al 10 luglio 2016 – Via Roma, 26
08 Luglio 2016
 

»» ASCOLTA l'intervista

al reporter Mirco Fontanella

(Radio Erre, Recanati)

 

Non è sempre facile stare in disparte e non essere in grado di fare nulla, se non registrare le sofferenze che stanno intorno.” (Robert Capa)

 

 

È chiamata L’Europa dei muri. Quella che preferisce la politica dell’esclusione e della separazione. Quella che ci fa comprendere come l’umanità stia attraversando un momento di crisi causata dalla mancanza di una visione etica della vita sociale. Quella che non riesce a dare nuovo stimolo alla solidarietà recuperando valori come legalità e rispetto per l’altro. Quella che proprio non riesce ad accettare la migrazione come una realtà di sempre e che la storia dell’uomo è segnata da questi dolorosi spostamenti collettivi. L’Europa dei muri, appunto. Quella che si vanta di aver fatto crollare il muro di Berlino e che ora chiude i confini con chilometri di barriere e filo spinato.

La vergogna attraversa il Mediterraneo, diventato una tomba per i migranti, e arriva a terra lungo i territori di confine. Uno di questi luoghi è Idomeni dove migliaia di profughi, per scappare dalla guerra e dalla povertà, hanno vissuto i mesi più freddi accampati in mezzo al fango. Qui, con la speranza nel cuore di poter varcare la frontiera ed entrare in Macedonia per raggiungere l’Europa, sono rimasti intrappolati a causa di un’Unione paralizzata e incapace di affrontare la situazione. La mostra dal titolo “35 mm dal confine. Viaggio nel cuore di Idomeni” del reporter Mirco Fontanella, è il racconto di questa vergogna. Il titolo gioca con il doppio senso dell’obiettivo fotografico e la distanza da ciò che per ogni migrante rappresentava la libertà. Idomeni, il piccolo paese diventato il più grande campo profughi della Grecia, è il simbolo della tragedia umana e del fallimento delle politiche europee sull’immigrazione. Mirco, spinto da un forte richiamo interiore a recarsi in quel luogo, racconta con le immagini la sua esperienza. «Io non sono un fotografo di professione, ma ho sentito molto il problema dell’immigrazione». Decide così di partire con il giornalista Simone Sarchi per vedere con i propri occhi ed essere testimone di questo fatto storico. «Era una situazione surreale» ha dichiarato. «Sembrava di stare in un film. All’inizio ho avuto difficoltà a fotografare per non infierire maggiormente in una situazione di disagio. E invece le persone cercavano i giornalisti, volevano una risonanza mediatica. Questo mi ha facilitato le cose». Dal 20 al 27 marzo Mirco ha vissuto la stessa esperienza delle persone che per diversi mesi hanno condiviso le proprie angosce, il proprio dolore, e lo stesso desiderio per una vita migliore (il 60% sono donne e bambini). Le sue foto parlano di questo, di momenti in cui si percepisce il dramma di una quotidianità difficile; del suo coinvolgimento emotivo nelle vicende di quei giorni; del ricordo personale attraverso le visibili tracce di fango rimaste sulle sue scarpe, memoria di passi mossi a fatica che affondano nel buio di un pantano, metafora di una politica poco chiara e contraddittoria. Lo sguardo di Mirco si spinge sulle cose, s’incrocia con quello puro e sincero di un bambino, penetra le persone e il loro mistero esaltandone la dignità. «Una cosa che mi ha sorpreso è che i profughi sono tutti laureati. C’erano persone con dei master e laurea in economia. Tutti parlano due o tre lingue. Il più ignorante ero io». Il suo obiettivo è alla ricerca di verità e sviscera risposte che non si vorrebbero sentire. «Su alcune cose i media hanno calcato la mano. Ci sono stati dei tafferugli ma è stata una cosa molto pacifica». Racconta che il campo era gestito dalla polizia greca, amica dei profughi. Quando qualcuno, spinto dall’esasperazione, ha provato a passare illegalmente la frontiera, l’esercito e la polizia macedoni hanno esibito immotivate e provocatorie prove di forza.

Il 25 aprile a Corridonia in una conferenza stampa, conosce Asmae Dachan, la giornalista e poetessa italo siriana, attivista da molto tempo per i diritti umani. «Asmae mi ha aperto gli occhi. Da quel momento siamo rimasti in contatto». Con lei prende parte al gruppo formato dalla scrittrice Patrizia Garofalo autrice del libro Girasoli di Mare, dallo scrittore Renato Pasqualetti, da Giulia Poeta voce interprete delle poesie e dal musicista Marco Poeta. Ciò che propongono è un “pacchetto” itinerante per sensibilizzare il più vasto pubblico sul problema della migrazione e divulgare il messaggio di solidarietà e accoglienza.

Intanto a Idomeni, dopo due mesi dal suo ritorno, sono arrivate le ruspe. Il campo è stato sgombrato e i profughi portati in pullman verso alcuni ex capannoni industriali. Al chiuso non si vedranno più lo strazio e l’umiliazione. L’ipocrisia dell’Europa continua. Il mondo si ricorderà di queste persone? L’immagine rappresentativa di tutta la mostra è il muro di filo spinato con gli indumenti stesi su di esso, allineati e ubbidienti allo scorrere del tempo. L’assenza dei corpi equivale allo svuotamento di un mondo che non cancella le storie di sofferenza e di dolore, anzi le esalta fino a renderle indimenticabili.

 

Nikla Cingolani


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