“Omaggio a Gae Aulenti”, che racconta la vita straordinaria di una delle personalità di maggior rilievo della cultura architettonica italiana del XX secolo attraverso un percorso che tocca le sue opere più significative, strettamente collegate ai luoghi, ai tempi e alle persone che ha incontrato.
Da architetto Gae Aulenti ha sviluppato il suo percorso professionale attraverso il design, l’architettura, gli allestimenti e la scenografia, costruendo la sua carriera in un costante dialogo tra le arti.
La mostra – a cura di Nina Artioli, nipote di Gae Aulenti – segna le tappe del suo ricco percorso culturale e professionale partendo dal luogo che più di ogni altro può raccontare la sua personalità: la casa studio di Milano, progettata nel 1974. Un testimone a modo suo delle numerose collaborazioni con artisti, registi, amici e intellettuali. Oggi questo luogo così ricco di memorie è la sede dell’Archivio Gae Aulenti, che ci pone come obiettivo la conservazione e la promozione del patrimonio culturale che Gae Aulenti ci ha lasciato.
Il percorso espositivo della mostra, tematico e narrativo al tempo stesso, si sviluppa intorno ad alcune sale che raccontano la versatilità del suo impegno professionale, offrendo un punto di vista più intimo e personale della vita e del lavoro di Gae Aulenti. A partire dall’Archivio Aulenti, che ha prestato materiali inediti e scatti fotografici privati, si passa attraverso la sala dedicata al Design, dove sono esposti oggetti emblematici come le lampade create per Martinelli Luce, agli allestimenti ideati per privati come la Casa detta ‘del collezionista’ a Milano (1968), o per mostre come “Italy: The New Domestic Landscape” al Moma di New York nel 1971. E poi ancora la sala dedicata al Teatro con le scenografie per spettacoli di Luca Ronconi e quella incentrata sui Musei con il Musée d’Orsay e per Palazzo Grassi, tra gli altri: fino ai grandi progetti d’Architettura come l’Istituto italiano di cultura e Cancelleria dell’Ambasciata italiana a Tokyo (1998-2005) o riqualificazione di Piazzale Cadorna a Milano (1998-2000).
Gae Aulenti è nata a Palazzolo dello Stella, in provincia di Udine. Si laureò in architettura al Politecnico di Milano nel 1953, dove conseguì l’abilitazione alla professione. Gae Aulenti si forma come architetto nella Milano degli anni cinquanta, dove l’architettura italiana è impegnata in quella ricerca storico culturale di recupero dei valori architettonici del passato e dell’ambiente costruito esistente che confluirà nel movimento Neoliberty. La Aulenti fa parte di questo percorso, che si pone come reazione al razionalismo.
Dal 1955 al 1965 fa parte della redazione di Casabella-Continuità sotto la direzione di Ernesto Nathan Rogers. Sul fronte universitario è assistente prima di Giuseppe Samonà (dal 1960 al 1962) presso la cattedra di composizione Architettonica all’Istituto Universitario di architettura di Venezia, e poco dopo (dal 1964 al 1969) dello stesso Ernesto Nathan Rogers presso la cattedra di composizione Architettonica al Politecnico di Milano.
Nel 1965 è la sua celebre lampada da tavolo Pipistrello, disegnata come site specific per lo showroom di Olivetti che realizza contestualmente a Parigi. Poco dopo, per la stessa Olivetti disegnerà lo showroom di Buenos Aires. La collaborazione con la nota azienda produttrice di macchine per scrivere le dà una certa notorietà, tanto che poco dopo Giani Agnelli la chiamerà per affidarle la ristrutturazione del suo appartamento milanese in zona Brera. Tra i due nasce una amicizia che durerà tutta la vita e per gli Agnelli Gae Aulenti concepirà numerosi progetti.
Nel 1972 partecipa alla nota esposizione “Italian: the new Domestic Landscape” organizzata da Emilio Ambasz al MoMa insieme a numerosi altri designer e architetti emergenti.
Di se stessa usava dire di vedere la sua architettura in stretta relazione e in interconnessione con l’ambiente urbano esistente, che diviene quasi la sua forma generatrice, cercando, con questo, di trasferire nel suo spazio architettonico la molteplicità e l’intensità degli elementi, che vanno a definire l’universo urbano.
Dal 1974 al 1979 è membro del Comitato direttivo della rivista Lotus International, poi fa esperienze artistiche e dal 1976 al 1978 collabora con Luca Ronconi a Prato al Laboratorio di Progettazione Teatrale. Nel 1979, le viene affidata la direzione artistica della FontanaArte, con cui aveva già collaborato in passato. Vengono prodotte lampade e oggetti d’arredo ancora oggi in catalogo.
Ha una lunga relazione con Carlo Ripa di Meana, da cui si allontanerà per la vicinanza a quello che definirà “craxismo deleterio”. Nel 1984 viene nominata corrispondente dell’Accademia Nazionale di San Luca a Roma, mentre nel 1995 al 1996 è presidente dell’Accademia di belle arti di Brera. Nel 2005 ha costituito la Gae Aulenti Architetti Associati.
Muore il 31 ottobre 2012 a Milano all’età di 84 anni. Prima della sua scomparsa venne insignita del premio alla carriera consegnatole dalla Triennale.
Il 7 dicembre 2012 viene inaugurata ed intitolata a suo nome la nuova grande piazza circolare al centro del complesso della Unicredit Tower di Milano.
Scrive Gae Aulenti parlando della sua progettazione e realizzazione di un Giardino in Toscana (1970)
Ho disegnato il giardino toscano di Granaiolo nel 1969 e ogni volta che lo visito o ne rivedo una fotografia mi meraviglio che esista. Come è potuto avvenire che delle persone, anche intelligenti, come erano i miei clienti, credessero ai disegni che avevo presentato, tanto da decidere di costruire quel giardino? Come si poteva immaginare la metamorfosi da un forte disegno geometrico, duro e razionale, a un’armonia naturale? Anche per me, che pure ne intuivo la possibilità, era difficile crederci.
L’idea era di seguire il principio della “Land Art”, un’arte che penetra nella terra, che imprime alla terra il segno di un’espressione, senza rinnegare la tradizione del giardino all’italiana.
Conobbi Gae Aulenti a Ferrara, nella sua piena attività di architetto e consulente per il restauro e per un ampliamento dinamico delle sale del Castello Estense. Una sera, in compagnia di don Franco Patruno e Franco Farina, la portammo a visitare Casa Cini, la casa natale di Vittorio Cini, lei ne fu incantata e ne vide, con il suo costante entusiasmo, tutte le possibilità di solidarietà ed apertura verso i giovani e la ‘cultura’ ferrarese… Non ha mai saputo, che quel luogo, carico di suggestioni, per lei “magico” è stato annientato irrimediabilmente… e la magia che lei aveva intravisto è sparita nel travaglio della ‘speculazione edilizia’ che tutto distrugge… anche i sogni dei giovani che la vivevano.
Maria Paola Forlani