“La poesia sgorga da profondità inconsce e non da fatti contingenti:
è sempre un gesto del tutto imprevisto e imprevedibile”.
Yves Bonnefoy
Yves Bonnefoy, considerato uno dei massimi poeti del nostro tempo, è morto a Parigi il 1° luglio scorso. La sua dipartita ha suscitato vasta eco e profondo cordoglio negli ambienti letterari di tutti i paesi.
Scrittore e saggista, fu anche uno straordinario traduttore in francese di Shakespeare, William Butler Yeats, Petrarca, George Seferis, Leopardi. Ha ricevuto in tutto il mondo numerosi premi, tra i quali il gran premio della poesia dell’Académie française (1981), il premio Balzan (1995), il Grinzane Cavour (1997), il premio Franz Kafka (2007) e il gran premio di poesia Pierrette Micheloud (2011). Ha ricevuto lauree honoris causa da moltissime università in tutto il mondo, tra le quali quella di Neuchâtel, l’American College di Parigi, l’università di Chicago, il Trinity College di Dublino, le università di Edimburgo, Roma Tre, Oxford, Siena e Napoli L’Orientale.
Antonio Prete annota che la «poesia di Bonnefoy è un pensiero che mentre evoca presenze interroga i confini stessi del pensiero. Mentre ospita un albero, una pietra, uno spicchio di cielo, un colore scrostato di pittura, si spinge sulla soglia dell’invisibile, leggendo le sue ombre. Mentre ascolta un passo nella sera, un rumore di vento o d’acqua, mentre accoglie figure provenienti da un sogno, cerca un radicamento nel qui, nella opacità della terra. E allo stesso tempo libera l’ala dell’altrove, il pensiero dell’impossibile…»
Tra le tante pubblicazioni propongo la rilettura di Il grande spazio, un’opera intrisa di d’arte e di poesia che conduce per i sentieri della memoria e della riflessione.
Il grande spazio è “Il Louvre” che per il lettore, fin dalle prime pagine, si delinea come luogo dell'anima. Bonnefoy ci parla di alcune opere esposte nel museo del Louvre e dei loro autori – tra i quali, Delacroix, Poussin, Georges de la Tour, Vermeer –, affidandosi all'emozione poetica e alla sorpresa del sogno.
Annota le sue riflessioni con la sensibilità del poeta e la precisione dello storico dell'arte.
«Questi frammenti...» scrive nella Premessa «esistono sotto il segno dell’incompiuto, dell’abbozzo, dell’impossibile…» Quarantuno brevissimi scritti in una prosa realista e al tempo stesso evocativa. Andare al museo è per il poeta come… «scendere dentro le immagini, più giù del pensiero che ha loro assicurato la vita, anche più giù, in assoluto, del pensiero stesso. Credo di toccare nel guazzabuglio dei capolavori la stessa materia nera, impenetrata, che urta al di sotto del museo contro le acque del grande fiume» (pag. 77).
Flavio Ermini nel saggio “Come la vita”, a chiusura del volume, scrive tra l’altro: «Il grande spazio rappresenta un mondo che noi abbiamo perduto e insieme lo sbocco per un mondo diverso, del quale siamo talvolta gli affannati interpreti e confusi espositori».
Il lettore percepisce questo percorso, come una salutare passeggiata e come un gradito invito a visitare i musei, luoghi dove basta la disponibilità dell’animo per cogliere il senso della bellezza e della sua verità.
Interessante, infine, l'intervista all'autore, condotta da Daniel Bergez, in cui Bonnefoy espone da diversi punti di vista la natura del proprio rapporto con le opere d'arte.
Giuseppina Rando
Yves Bonnefoy, Il grande spazio
Traduzione di Feliciano Paoli
Con un saggio di Flavio Ermini
e un'intervista di Daniel Bergez con Yves Bonnefoy
Moretti & Vitali, Bergamo 2008. Testo orig. a fronte.