Da due giorni non si parla d’altro. Amoproust se n’è stato zitto per tanto tempo, nauseato della politica di casa. Ma ora si deve far sentire per dire la sua, visto che tutti dicono la loro. Alcune riflessioni.
Il referendum incautamente e da vero masochista indetto da Cameron si è rivelato un perfetto autogol. La classica zappa sui piedi. Il governo e probabilmente il Parlamento del regno Unito non volevano questo esito. Tant’è vero che il referendum ha natura solo consultiva, per cui teoricamente, il Parlamento potrebbe ignorarne l’esito per il bene supremo della Nazione. Ma come si fa a fare il contrario di ciò che ha detto il popolo sovrano? Solo per gravissimi motivi. E poi giornali, TV e media in generale di tutto il mondo hanno già deciso che la Gran Bretagna è out. Non vero perché il passo decisivo è la comunicazione della decisione del parlamento alla UE.
La vittoria della Brexit è esigua: il 51,9% per cui è possibile affermare che il popolo britannico è spaccato in due e sull’orlo di un collasso: Scozia e Nord Irlanda già fremono per stare in Europa e svincolarsi da Londra (motivo sufficiente per negare l’esito consultivo?). Il voto “leave” è il voto dell’ignoranza e della paura: hanno votato “sì” anziani pensionati, gente della campagna, non i cittadini dei grandi centri urbani. Motivo per negare il valore della consultazione? No perché sarebbe come dire che il voto della city conta più del voto dei villaggi e non si può.
Tuttavia non è possibile non riflettere sui guasti possibili della democrazia diretta quando suonano le trombe dei falchi xenofobi, dei nazionalisti fascistoidi e dei seminatori di paura. Una lezione che dovrebbe servire per noi: teniamoci lontani da facili referendum autolesionisti. Non per nulla siamo una repubblica parlamentare come la GB è una monarchia costituzionale e con un Parlamento eletto rappresentativo della nazione. Si eleggono rappresentanti che decidono per tutti, si chiamano “deputati”. La democrazia diretta è una bellissima cosa se la materia della consultazione riguarda un problema interno, come p.e. una legge, una disposizione. Ma il popolo non sa cosa significhi la distruzione del cammino europeo: si è inneggiato all’indipendenza come se fosse la panacea di ogni male e come se la GB non fosse già indipendente. L’Europa vissuta come vincolo burocratico, come vessazione e limitazione dell’autonomia.
Lo stesso Grillo (antieuropeista da molto tempo) ha riconosciuto che è bene rimanere per cambiare. L’Europa attuale (è vero!) è un sacco vuoto pieno di difetti, è stata l’incapacità politica e la riottosità degli Stati membri a determinare un’Europa molto lontana dallo spirito dei fondatori.
Occorre una svolta decisa e determinata: una vera Unione politica, un vero Parlamento, un vero Governo, unità di intenti in politica estera, un fisco uguale per ogni nazione, un unico esercito. Senza pretese leaderali da parte di nessun Stato membro. Oggi alcuni stati hanno una fasulla moneta unica in crisi. Stop.
Detto così, allo stato attuale delle cose, rimane un’utopia quasi irrealizzabile, ma è la direzione in cui, se si vuole una vera Europa, bisogna marciare.
E la Gran Bretagna? Il Parlamento fa tempo ancora a ripensarci. Ha il sostegno della parte più viva e orientata al futuro della Nazione: i giovani. Non è possibile? La GB si disgregherà e diventerà sempre più solo Inghilterra, privata del suo ruolo dominante nella finanza e nel business. Ci vorranno anni a ritrovare l’equilibrio dopo questo dissesto voluto da una stupida volontà politica presuntuosa di farcela di fronte alle voci grossolane che hanno parlato alla pancia della gente.
L’Inghilterra insulare senza Impero, paga del suo vecchio Commonwealth. Auguri!
Amoproust
(dal blog agesiquidagis, 25 giugno 2016)